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Sovvertire i valori: perchè no?

Ringrazio l’amica L.B. per avermi inviato l’ottimo articolo che inoltro.
Faccio i complimenti allo scrittore del testo che segue, Paolo D’Arpini per la sua lucidissima relazione che fa trasparire la volontà e la possibilità di un cambiamento epocale generale e totale, che in realtà già sta avvenendo, indicandone i sani e semplici principi inclusivi.
Nella seconda parte del pezzo Paolo inserisce una nota importante che aiuta ancor più a comprendere l’attualità della frode giudiziaria perpetrata ai danni dell’inconsapevole e disinformata umanità e che in questi mesi sta volgendo e volgerà a termine, certamente per volontà terrestre, ma anche grazie ai documenti O.P.P.T., anch’essi frutto di determinazione terrestre, che devono ancora essere compresi in toto e sicuramente metabolizzati per poi poterli applicare.
Oltre tutte le chiacchiere di rete sulla veridicità e validità degli stessi strumenti legali, ancor oggi nessuna confutazione ufficiale è giunta.
Adesso l’umanità si consapevolizza e si informa perchè comprende che il sapere offre possibilità maggiori di azione e quindi ci restituisce il potere di decidere per noi!
Grazie
Emanuele Nusca

Art. 10


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DAL BLOG DI PAOLO D’ARPINI
ARTICOLO DEL 23-02-2014

http://paolodarpini.blogspot.it/2014/02/security-act-adesso-vi-spiego-tutto.html?showComment=1393422101341#c1051145322927205436

La difesa dei diritti, ma anche dei doveri, dei “consumatori” deve partire da una presa di coscienza individuale. Per questo, avendo aderito alla Rete di Associazioni di European Consumers, sento il dovere di esporre alcune mie considerazioni su quelli che dovrebbero essere i fini da raggiungere come operatori nel sociale e nell’umano.
Un sovvertimento di valori é necessario, sia in forma di emendamento dai vecchi modelli consumistici o di protezione passiva degli utenti sia nell’ambito della comprensione di ciò che realmente é utile e necessario per sviluppare la qualità della vita. Occorre andare oltre il “salto della quaglia” ed avventurarsi sulle cime impervie, imitando il volo dell’aquila che dall’alto osserva il territorio e lo fa proprio.

L’aquila dall’alto tutto scorge mentre la quaglia vola basso, anzi bassissimo, e vede solo la sua piccola porzione di terra. Allo stesso tempo, da un punto di vista dell’ecologia profonda, possiamo dire che entrambe le visioni sono necessarie, non si può trascurare né l’una né l’altra. Ma se trascurassimo la visione dell’aquila sarebbe come se credessimo di conoscere il mondo stando dentro al pozzo, come fece quella piccola rana nella storia zen, la ricordate? Tradotto in termini pratici questo significa che non si può essere maturi nella coscienza ecologica solo se ci si occupa del nostro campiello, della capretta nell’ovile, del pollo nell’aia, del ruscello che scorre dietro casa e delle piantine che crescono attorno… o delle mille noie di mercato, del condominio, di precedenze strutturali, di beghe gerarchiche, etc.

Del lontano e del vicino va tenuto conto per un integrazione nel nostro abitare, per il riconoscimento della comune appartenenza alla vita.

Dobbiamo essere consapevoli dell’inscindibilità della vita, partendo dall’ambito sociale in cui viviamo e osservando le cose con l’occhio dell’ecologia profonda, anche nell’ambito istituzionale ed amministrativo. Insomma abbiamo bisogno dell’intelligenza e della ragione, della cultura e delle sue variegate espressioni di pensiero ma anche di sensazioni, percezioni, intuizioni, sentimenti. Altrimenti la nostra società sarà solo una sterile macchinetta funzionale e burocratica, la nostra battaglia sarà solo una continua ricerca di aggiustamenti esteriori con nuove leggi e leggine. Come possiamo far parte di un contesto “umano” e socialmente integro se non consideriamo anche –forse in questo momento storico direi “soprattutto”- le necessità del mantenimento delle dignità umane, della riscoperta dei valori morali e spirituali?

Ci vuole uno scossone intellettuale ed amorevole nella nostra attitudine, occorre avviare un bio-ragionamento all’interno delle Rete. Dobbiamo entrare nelle maglie profonde del pensiero umano e del contesto sociale in cui viviamo ed ottemperare al dovere di manifestare il “bioregionalismo”, “l’ecologia profonda” e la “spiritualità laica” in questa società, sia urbana che rurale, tecnologica e semplicistica, complessa e facile, insomma serve uno scatto di reni e di cervello.

Spero di non aver offeso nessuno con questo discorso e invito tutti i lettori ad una discussione aperta su questo tema.

Paolo D’Arpini

DOMENICA 23 FEBBRAIO 2014
Security Act… adesso vi spiego tutto

 

Nel ’35 (con la firma di Roosevelt) è stato ufficialmente creato il Security Act che, prevedeva la creazione della SEC. http://it.wikipedia.org/wiki/Social_Security_Act

Questa a operazione è stata messa in piedi dalla Federal Reserve System (Rothschild) e Vaticano, che insieme hanno dato vita anche alla BIS.

L’UCC nasce, se non erro nel ’52, come piattaforma regolamentatrice per gli scambi commerciali. L’Italia vi ha aderito, se non erro nel ’57 con la ratifica del Trattato di Roma.

Nell’80 a Vienna, viene istituita una piattaforma simile anche in Europa, la cosiddetta CISG (Convenzione sulla vendita internazionale di beni).

Ora, se tutto si limitasse a questo, i dubbi di alcuni sarebbero anche fondati. Purtroppo si va oltre. E’ a questo punto che entra in gioco il discorso del trust-Cestui Que Vie.

Ossia l’emissione, tramite la creazione del Certificato di Nascita, del bond (titolo obbligazionario) sulla Persona Giuridica, cosa ben diversa dalla Persona Fisica, la quale viene utilizzata a Garanzia di rimborso (con il tuo lavoro in vita) a prestiti concessi allo Stato. Come potrai intuire, anche questo titolo rientra nelle transazioni commerciali, quindi, avendo l’Italia aderito alla CISG, potresti pensare che, la piattaforma usata sia quella europea. Invece no, perché i Titoli (Securities) vengono trattati solo nella piattaforma UCC, la quale è regolamentata dalla Common Law.

L’art. 10 della Costituzione dice cosa recita. E’ vero che in Italia vige la Civil Law ma, questa, si sta adattando sempre più alla Common Law. Basti pensare che il concetto di Trust, fino al ’92 non era preso in considerazione. Ed infatti nel ’92, con la ratifica della Convenzione dell’Aia, l’Italia ha adottato il Trust, così come concepito nei paesi del Common-Wealth, sottoponendosi ai principi di Common Law (anche se l’adattamento delle poche leggi del Codice Civile che, presumibilmente trattano qualcosa di simile, è molto lento).

Vincenzo Zamboni

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