Joseph Ratzinger, Vaticano, Mondo: enciclopedia dell’ultim’ora
Più che un articolo è una ricerca-raccolta dei post più interessanti raccolti dalla rete negli ultimi giorni di questo particolarissimo (diciamo pure unico) Febbraio 2013, in pratica la storia che sta cambiando davanti ai nostri occhi.
L’intenzione è quella di riportare una serie di collegamenti e fatti che possano aggiungere punti di vista importanti a tutta la vicenda.
Le notizie andranno a ritroso, nel senso che le ultimissime sono qui in testa.
In ogni caso leggendole anche di seguito i punti di collegamento tra esse sono di facile individuazione.
Buona lettura
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Il 15-02-2013 Dal sito della REUTERS a questo indirizzo http://www.reuters.com/article/2013/02/15/us-pope-resignation-immunity-idUSBRE91E0ZI20130215 si legge:
By Philip Pullella
VATICAN CITY | Fri Feb 15, 2013 1:59pm EST
(Reuters) – Pope Benedict’s decision to live in the Vatican after he resigns will provide him with security and privacy. It will also offer legal protection from any attempt to prosecute him in connection with sexual abuse cases around the world, Church sources and legal experts say.
In pratica: “La decisione di papa Benedetto di vivere in Vaticano dopo le sue dimissioni, gli assicurerà protezione e sicurezza. Gli offrirà anche una protezione legale da qualsiasi tentativo di perseguirlo per i casi connessi all’abuso sessuale in giro per il mondo, hanno detto le fonti e gli esperti legali della Chiesa.
“It is absolutely necessary” that he stays in the Vatican, said the source, adding that Benedict should have a “dignified existence” in his remaining years.
“E’ assolutamente necessario” che lui resti in Vaticano, ha detto la fonte, aggiungendo che Benedetto dovrebbe avere una “esistenza degnitosa” nei suoi anni rimanenti.
In definitiva nell’articolo vengono elencate tutte le misure cautelative che la piramide ecclesiastica vaticana intende prendere al fine di proteggere quest’uomo, Benedetto XVI, che, a quanto pare, dovrebbe restare già in una sorta di “arresto domiciliare” autoindotto, che non gli consentirebbe di lasciare la sede romana e consentirgli di vivere per esempio in Germania, per ragioni di estrema sicurezza: si teme addirittura che l’eventuale location scelta potrebbe diventare meta di pellegrinaggi.
Si elencano in seguito alcuni dei punti essenziali della storia mai detta, che stanno venendo alla luce proprio grazie al precipitare degli eventi.
Evito di tradurre il resto poichè andando oltre in questa pagina troverete tutto quello che c’è sull’articolo Reuters spiegato punto per punto.
Fonte – http://www.reuters.com/article/2013/02/15/us-pope-resignation-immunity-idUSBRE91E0ZI20130215
A parte Reutrs la notizia e pubblicata anche da altri giornali internazionali:
http://www.guardian.co.uk/world/2013/feb/11/pope-resigns-sex-abuse-survivors
http://www.examiner.com/article/the-pope-seeks-immunity-the-end-of-the-vatican-could-be-near
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Dal Blog RISVEGLIO DI UNA DEA questo è un commento che una lettrice fa ad un articolo originale che troverete andando più avanti, dove aggiunge considerazioni molto importanti ed elementi di verifica che lei stessa è andata a cercare.
L’articolo “Spiccato un mandato d’arresto europeo per Joseph Ratzinger!” ha provocato una valanga di reazioni. A parte di più di 30 000 condivisioni, molti hanno deciso anche di condividere la propria opinione riguardo l’articolo ed evento descritto nel articolo. Tra tantissimi mi soffermata su uno. Questo commento è così dettagliato e fatto con cura dei fatti che ho deciso di condividerlo in forma del articolo. Merita una lettura attenta.
Commento è scritto da Anna ed io la ringrazio di tutto il mio cuore. GRAZIE ANNA!
Tanja
BUONA LETTURA
Bene, io mi sono presa la briga di andarmi a leggere il sito originale per comprendere di cosa si tratta, se sia una bufala o no. Ho il tempo per farlo, la capacita’ di comprendere l’inglese, le nozioni di diritto, conosco gli sporchi giochi di potere e le cospirazioni, so fare a trovare velocemente quello che mi serve per comprendere, processo in poco tempo un mare di informazione, per trovarne la coerenza, e immediatamente organizzo mentalmente come trasmettere cio’ agli altri, ma SOPRATTUTTO MI ANIMA LA PASSIONE DI AGIRE PER LA LIBERTA’ E LA GIUSTIZIA IN QUESTO MONDO. Per questo ci ho messo tanto impegno.
Se tutti facessero come voi, di liquidare in due secondi la notizia come una bufala, gli sforzi enormi che questa persona, Kevin Annet, istitutore del tribunale per i Crimini della Chiesa e dello Stato, sta facendo per portare la giustizia dove non c’e’, andrebbero tutti a puttane. Siete dei tonti!
E allora leggetevi adesso quello che ho compreso io:
Il sito originale e’: http://itccs.org.
Come si legge nella presentazione http://itccs.org/about/
questo e’ un tribunale dei cittadini autocostituitosi secondo quanto previsto dalla common law e sconosciuto ai piu’, per difendere i propri diritti laddove le istituzioni non lo fanno.
In particolare per giustiziare i crimini contro i bambini ed i genocidi degli aborigeni perpetrati specialmente dal Vaticano e dalla Corona Britannica,
i quali per legge istituzionale non possono essere perseguiti.
Annet dice che e’ ora che vengano perseguiti, ed e’ quello che sta facendo. Sebbene questo tribunale di common law non sia arrivato a materialmente arrestare il papa, raccoglie pero’ tutte le testimonianze delle vittime, che vengono rese pubbliche, e formalmente il papa e’ stato invitato a presentarsi (e chiaramente non l’ha fatto) ed e’ stato condannato.
La common law, diffusa nel Regno Unito e nelle sue ex colonie e’ la legge di fonte giurisdizionale, ossia creata dai giudici con i precedenti.
Racconta Annet
http://itccs.org/2013/01/22/taking-the-law-into-our-own-hands-a-fine-and-necessary-tradition-in-the-face-of-tyranny/
che mille anni fa, esisteva una common law (legge comune) tra i suoi antenati inglesi e celti, che cercava di assicurare la liberta’ e la sicurezza del popolo. Basata sulle corti di villaggio e chiamata “Le centinaia” questa legge era nelle mani della gente, che metteva in atto la propria giustizia indipendentemente dal potere remoto che si autochiamava “La Corona”.
Naturalmente questa giustizia locale non era ben vista dal potere centralizzato di re e papi e per secoli hanno cercato di convincerci (e ci sono riusciti) che farci giustizia da se e’ sinonimo di caos e anarchia.
Nella legge inglese, canadese, e statunitense sono presenti principi di legge, che le istituzioni si guardano bene dal far conoscere, che consentono di infrangere la legge stessa a beneficio della comunita’ quando e’ in pericolo, e persino di operare arresti, quando le autorita’ si rifiutano o sono incapaci di farlo.
Negli Stati Uniti e’ stata usata per bloccare delle operazioni militari con missili.
Vi rendete conto di cosa sta facendo Annet e cosa ci sta portando a conoscere? In un tempo in cui stiamo venendo progressivamente spossessati di potere per instaurare una dittatura globale, in cui Obama sta facendo campagna con falsi incidenti per togliere il diritto di portare armi da fuoco ai cittadini? Fermare i militari? Ma quando mai ci siamo sognati di pensare di avere l’autorita’ per poterlo fare, proni al loro strapotere!
Capite adesso la mia passione nel leggere quello che avete classificato come una bufala? Ci rida’ potere. Riprendiamocelo.
Per quanto riguarda le dimissioni del papa, in un articolo del 12 febbraio (il giorno prima del presente articolo), intitolato il Topo smamma dal Vaticano
http://www.twitlonger.com/show/l158ui
Annet, che e’ venuto anche in Italia ed ha parlato con alcuni senatori che gli hanno dato utili informazioni su come funziona da queste parti, ci fa sapere che il vero capo del Vaticano e’ il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di stato, il quale sta utilizzando Ratzinger come capro espiatorio dei crimini del Vaticano: Ratzinger e’ stato sempre conosciuto come un losco, e ora che oltre ai crimini di pedofilia del Vaticano sta per scoppiare lo scandalo finanziario dello IOR, la banca Vaticana, fa molto comodo usarlo come unico responsabile di questi scandali. L’intenzione di Bertone e’, una volta espulso il “cattivo”, fare un maquillage di facciata al Vaticano, per fare credere che adesso e’ pulito e candidarsi lui come prossimo papa.
Annet sapeva che prima o poi Ratzinger sarebbe stato fatto dimettere da Bertone per assumersi l’onta dello IOR. Quello che pero’ lo sorprende e’ che questo sia avvenuto solamente dopo pochi giorni che Annet ha pubblicato le denunce dei crimini contro l’umanita’ in cui Ratzinger ha preso parte. Ne trae la conclusione che non puo’ essere solo una coincidenza e che queste denunce hanno avuto un peso.
Il giorno dopo, nell’articolo di oggi, del mandato di arresto di Ratzinger,
Annet ci dice che le dimissioni del papa, lo costringono a informare il pubblico dei seguenti dettagli. E ci racconta che il suo tribunale di common law era riuscito a convincere i rappresentanti di una nazione della unione europea ad emettere, attraverso i giudici di questa nazione, un mandato di arresto al papa, che gli sarebbe dovuto essere consegnato il 15 febbraio e che il 4 febbraio era stata consegnata una nota diplomatica al segretario di stato vaticano Bertone, informandolo di cio’ e chiedendogli di procedere (immagino di dare il permesso). Bertone si guarda bene dal rispondere, ma sei giorni dopo il papa si dimette.
E Annet conclude ribadendo che il suo tribunale sapeva che le dimissioni del papa erano gia’ nell’aria per via dello scandalo della banca vaticana, ma che secondo le sue fonti di informazione, cio’ che ha spinto Bertone a forzare immediatamente le dimissioni di Ratzinger e’ proprio la notifica di questo mandato di arresto operato congiuntamente dal tribunale di common law con la nazione europea.
Dal confronto dei due articoli, quello del 12, in cui si parla solo di denuncia pubblica dei crimini del papa, e questo del 13 in cui si rivela il mandato di arresto, deduco che Annet il 13 ha ricevuto dalle sue fonti la informazione che Ratzinger si e’ dimesso immediatamente per via del mandato di arresto, e che Annet puo’ e deve allora renderlo noto.
Lo deve rendere noto per fare sapere le vere ragioni per cui il papa si e’ dimesso ed evitare che la faccia franca.
Il nome della nazione evidentemente non e’ stato svelato perche’ l’azione e’ ancora in corso.
E’ anche evidente che, mentre delle sentenze del tribunale di common law il papa si e’ fatto beffe, il mandato di arresto di giudici istituzionali ha fatto effetto. Sebbene l’autorita’ in se’ del tribunale di common law non sia stata riconosciuta, le sue azioni, con la raccolta di tutte le testimonianze delle vittime e della volonta’ della gente che si faccia giustizia, ha fatto effetto sui giudici istituzionali di almeno una delle nazioni coinvolte e si e’ arrivati a far dimettere il papa. E questo ci rida’ potere.
Annet pero’ vuole che tutto il vertice del vaticano, responsabile dei crimini attribuiti a Ratzinger, sia arrestato. E per questo, il tribunale di common law non solo continua a perseguire l’arresto di Ratzinger anche se e’ dimesso, ma perseguira’ l’arresto anche del prossimo papa, che sara’ con tutta probabilita’ Bertone.
Inoltre Annet sta lanciando la campagna per occupare a Pasqua i beni immobili del Vaticano e per queste azioni chiede il nostro sostegno.
Come vedete c’e’ di che aiutarlo.
Potrebbe anche essere che la storia del mandato di arresto non sia vera e che Annet l’abbia inventata per fare conoscere l’esistenza del suo tribunale e dell’azione contro il papa, ma mi sembra improbabile, si fotterebbe tutta la credibilita’ del suo lavoro una volta scoperto che non e’ vero.
Ancora una volta, GRAZIE ANNA
http://risvegliodiunadea.altervista.org/?p=1800
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QUI LA SECONDA LETTERA DI ANNA AL BLOG DI TANJA CHE AGGIUNGE DOCUMENTI E SPIEGAZIONI SUI FATTI SCABROSI
Se andate sul sito di Annett troverete un video che dura ore con le prove documentali e testimoniali del genocidio dei nativi canadesi.
http://itccs.org/2013/01/30/second-session-of-the-international-common-law-court-of-justice/
ieri sono inorridita quando ho letto il racconto di una sopravvissuta di quelle scuole gestite dai preti e le suore cattolici: era in cucina e aiutava la suora, al piano di sopra una sua compagna dava alla luce il figlio di un prete. Portarono il bambino in cucina, avvolto in un panno e lo gettarono nel fuoco, vivo. Si poteva sentire il suo gemere mentre la cucina si riempiva di odore di carne bruciata.
Ma poiche’ non e’ facile comprendere l’inglese ho cercato resoconti in italiano dei crimini commessi, cosi’ che possiate rendervi conto.
Questo sito spiega bene cosa e’ successo e denuncia la mancanza di collaborazione del Disinformatico (il sito che avete addotto per concludere che e’ una bufala) nel far luce su questo genocidio sconosciuto.
E allora chi e’ che ci fa una brutta figura? Io o il Disinformatico?
O meglio, chi e’ che sta intralciando la conoscenza della verita’?
estratti dall’articolo:
La Chiesa ha collaborato a spartire le terre del Nuovo Continente fra Spagna e Portogallo grazie a una bolla del 1493 di Alessandro VI (“Inter caetera”).
Ma quel che è peggio che cinque secoli dopo nulla è cambiato. Ratzinger nel 2001, da prefetto della Congregazione della dottrina della fede, mandò una lettera ai vescovi raccomandando di tenere segreto il genocidio.
Annett ha raccolto le testimonianze di alcuni sopravvissuti, da cui risulta che i bambini venivano volontariamente infettati con malattie mortali, sterilizzati, forniti agli ospedali come cavie per esperimenti “scientifici”, stuprati, venduti ai pedofili, torturati atrocemente, picchiati a morte, assassinati in varie maniere, sottoposti ad ogni forma di violenza psicologica e fisica.
La maggior parte dei sopravvissuti, psichicamente e moralmente devastati, sono caduti nell’alcolismo, nella tossicodipendenza, nella totale emarginazione; la loro attuale condizione sociale è stata descritta dai gruppi per i diritti umani dell’ONU come quella di “una popolazione colonizzata al limite della sopravvivenza, con tutte le caratteristiche di una società dal terzo mondo” (12/11/1999).
E qui c’e’ la biografia di Annett, la riporto tutta anche se e’ lunga perche’
vi rendiate conto come e’ nata la sua indagine e come sia stata ostacolata in tutti i modi possibili. Ho persino visto un sito in internet chiamato “stop Kevin Annett”, non c’e’ limite alla malvagita’ umana…
Kevin Annett
Nato nel 1956, laureato in antropologia, scienze politiche e teologia. Pastore della “chiesa unita” del Canada dal 1990, prima a Manitoba, poi a Toronto, infine, dal 1992, a Port Alberni (B. Columbia). Qui nota che nessun indiano frequenta la sua chiesa; comincia a prendere contatti con i nativi ed a raccogliere le prime testimonianze. Crea una mensa per i poveri ed invita i nativi a partecipare ai riti domenicali permettendo a tutti di prendere liberamente la parola dopo le funzioni. Con il successo di quest’iniziativa, le testimonianze dei nativi si moltiplicano.
Con il pretesto di favorire l’evangelizzazione e lo sviluppo degli indigeni, la chiesa unita ha ottenuto “in gestione” dal governo i territori indiani. Nel 1994 Annett scopre un losco giro d’affari, in cui la chiesa, con la complicità dell’Amministrazione provinciale, vende la terra ad aziende private ottenendone in cambio sostanziose donazioni.
Solleva la questione durante una riunione ma gli viene risposto che gli Indiani “non sono stati in grado di dimostrare la proprietà della terra”. A questo punto scrive ai membri del presbiterio una lettera in cui chiede che la chiesa unita restituisca la terra ai nativi ed ammetta pubblicamente il proprio “errore”. Viene sospeso dall’incarico.
Nello stesso anno, costituisce la “Commissione per la verità sul genocidio in Canada”(The Truth Commission into Genocide in Canada), che pubblica un rapporto fondato sulle prime testimonianze. Annett continua la propria opera anche come segretario della Commissione, chiedendo con insistenza al governo canadese, ai capi delle chiese ed anche all’ONU di svolgere indagini per ritrovare i corpi delle persone scomparse e per punire i responsabili.
Nel 1997 viene definitivamente licenziato dalla chiesa unita, che boicotta pesantemente tutti i suoi tentativi di trovare un lavoro e gli manda a dire, tramite un altro ecclesiastico, che sarbbe meglio per lui trasferirsi altrove.
Nel 1998 costituisce un “Tribunale per le scuole residenziali canadesi” (The International Human Rigths Association of American Minorities Tribunal into Canadian Residential Schools) ed ottiene che due membri osservatori dell’ONU assistano al “processo”. Gli atti ed i documenti del “Tribunale” (tra cui 14 ore di testimonianze video-registrate) vengono trasmessi all’Alto commissario per i diritti umani a Ginevra. Nessuna risposta.
Annett ritiene che il governo canadese abbia esercitato pressioni politiche sulle gerarchie dell’ONU ed osserva che all’epoca l’assistente del segretario generale era la canadese Louise Frechette, funzionario del dipartimento della difesa a Ottawa. Era lei che teneva l’agenda delle diverse commissioni ed aveva quindi la possibilità- di insabbiare la pratica.
Nel 2010, dopo nove anni di attività, la sua trasmissione settimanale sulla radio locale CFRO (Vancouver) è stata vietata dalle autorità.
Nel 2011, all’aeroporto di Stansted, gli è stato impedito l’ingresso in Inghilterra. Dopo una breve detenzione in una prigione per immigrati, è stato espulso.
Il suo sito Internet “Hidden From History: The Canadian Holocaust – The Untold Story of the Genocide of Aboriginal Peoples” è tutt’ora attivo.
Opere:
2001 – Hidden from History: The Canadian Holocaust, pubblicato dalla Truth Commission into Genocide in Canada, nuova edizione ampliata nel 2205
2002 – Love and Death in the Valley
2006 – il film Unrepentant: Kevin Annett and Canada’s Genocide (108 minuti), premiato nello stesso anno al festival internazionale di New York per il cinema indipendente ed al Los Angeles Independent Film Festival nel 2007.
Tra il 1993 ed il 2005 Annett è stato attaccato con campagne diffamatorie, pesanti pressioni sulla sua famiglia, minacce, aggressioni. Alcuni indiani suoi collaboratori sono stati uccisi. L’elenco dettagliato dei 48 episodi di aggressione e/o minaccia è in una pagina del sito Canadian genocide
Secondo l’articolo pubblicato nel sito “Arianna”, Noam Chomsky ha detto che Annett “merita il premio Nobel per la pace più di molti tra coloro che lo hanno ricevuto in passato”.
“Con il pretesto di favorire l’evangelizzazione e lo sviluppo degli indigeni, la chiesa unita ha ottenuto “in gestione” dal governo i territori indiani. Nel 1994 Annett scopre un losco giro d’affari, in cui la chiesa, con la complicità dell’Amministrazione provinciale, vende la terra ad aziende private ottenendone in cambio sostanziose donazioni.”
Capite adesso perche’ Annett vuole che occupiamo e confischiamo l’enorme patrimonio del Vaticano e devolverlo indietro all’umanita’, a cui appartiene?
Lo sapete che papa Luciani (Paolo Giovanni I) il papa che fu papa solo per 33 giorni voleva riportare la chiesa alla poverta’, alle sue origini, e pochi giorni prima che morisse aveva chiesto di vedere i conti dello IOR, la banca vaticana? l’hanno fatto fuori, se avesse visto i conti dello IOR avrebbe scoperto tanti loschi incassi. Ragazzi sveglia!
http://it.wikipedia.org/wiki/Teorie_sulla_morte_di_Giovanni_Paolo_I
Luciani, sostenitore di un’idea di “banca etica” fin dai tempi del suo episcopato vittoriese, pochi giorni prima di morire avrebbe convocato i principali responsabili delle finanze vaticane per verificare come venivano gestiti gli introiti curiali, ma senza fare in tempo ad approfondire l’argomento.
Il papa infatti fin dai primi giorni di pontificato aveva espresso la necessità di un ritorno ad una povertà evangelica per la Chiesa, affermando di voler procedere ad una profonda revisione della presenza del Vaticano nei mercati finanziari mondiali, gestione in quegli anni affidata all’arcivescovo statunitense Paul Marcinkus[5], a capo dello I.O.R., e di voler devolvere ai paesi poveri l’1% degli introiti del clero[6]. Secondo papa Luciani, infatti, «Lo IOR deve essere integralmente riformato. La Chiesa non deve avere potere, né possedere ricchezze. Il mondo deve sapere le finalità dello IOR, come vengono raccolti i denari e come vengono spesi. Si deve arrivare alla trasparenza …»[7].
Sono preoccupata per l’incolumita’ di Annett, prima che facciano fuori anche lui, proteggiamolo con il nostro campo energetico, mettiamolo al centro del nostro cuore dove e’ al sicuro, quello che sta facendo lo sta facendo per tutti noi, liberarci dall’oppressione.
Quella che Tony ha postato e’ la profezia di Malachia ( Anna fa riferimento ad un commento sotto l’articolo) , di cui sto leggendo ora, che dice che il 112 papa, quello che sara’ eletto ora, sara’ l’ultimo. E sara’ il papa in cui le tribolazioni inizieranno. Questa profezia si dice che sia stata estremamente precisa nel descrivere tutti i papi che si sono succeduti.
Il terzo segreto di Fatima, che la chiesa non ha divulgato correttamente, pare contenga la profezia, cosi’ come dichiarato da persone che l’avevano letta prima che la chiesa la sequestrasse, che sarebbero arrivati tempi di grandi conflitti interni alla chiesa e la perdita in massa della fede da parte dei fedeli.
L’azione organizzata globalmente di occupare i beni della chiesa che iniziera’ a fine marzo, mi fa pensare che qualcosa di grosso succedera’.
Un fulmine ha colpito la basilica di sanpietro dopo poche ore che il papa ha dato le dimissioni.
http://www.youtube.com/watch?v=6h65wonevtU
Nel 2009 Annett fece una messa in memoria delle vittime del genocidio canandese in piazza san pietro, nel luogo dove il loro sterminio fu deciso, e fece un esorcismo simbolico diretto allo spirito dell’anticristo che governa il vaticano.
Due giorno dopo un piccolo tornado colpi il centro di roma e il vaticano.
http://porkupineblog.blogspot.com.es/2009/10/vatican-response-to-genoicide-inquiry.html
Purtroppo la “rottamazione” della chiesa cattolica e’ stata tenuta in conto dai poteri occulti che la governano e che governano tutto il mondo, e dalle sue ceneri e’ gia’ in programma che nasca qualcosa ancora di peggio: la religione unica mondiale, basata sull’adorazione di lucifero.
Ho il sospetto che il piano sia di attrarre le persone che perdono la fede in Dio nella nuova religione, dove tutti siamo uno e tutti siamo buoni, il male non esiste piu’ e lucifero e’ buono, perche’ ci dicono che siamo entrati nella nuova era dell’amore, secondo le previsioni del calendario maya che gli stessi maya dicono di non conoscere. Questa nuova religione e’ promossa dall’ONU, e viene generalmente chiamata new age. I predecessori sono le spiritiste Madame Blavatski e Alice Bailey. Ho il sospetto che la teoria del superuomo di quel pazzo di Nietche, che voleva sostituire l’uomo a Dio, e che fu usata dai nazisti, sara’ la base della nuova religione.
Anna
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Notizia apparsa il 14-02-2013 sul Blog Iconicon a questo link: http://www.iconicon.it/blog/2013/02/ittcs-benedetto-xvi-chiede-immunita-protezione-da-presidente-della-repubblica-italiana/.
Inviato il 14 febbraio 2013 da itccs
Il Tribunale Internazionale invita Napolitano alla “non collusione con la criminalità”, e annuncia una campagna globale per occupare l’immobile Vaticano e avviare un’inchiesta sui diritti umani in Italia
Roma (09:00 ora locale):
Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, ha programmato un incontro con il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano per Sabato, 23 febbraio al fine di discutere di sicurezza e immunità da procedimenti giudiziari da parte del governo italiano, secondo fonti dei media italiani.
Incontro di Ratzinger segue al ricevimento apparente da parte del Vaticano di una nota diplomatica da un governo europeo riservato il 4 febbraio, che dichiarava la sua intenzione di emettere un mandato di arresto per Ratzinger, dimessosi dal suo pontificato meno di una settimana dopo quel termine.
In risposta alla riunione fissata per il 23 febbraio, il Tribunale internazionale sui crimini di Chiesa e Stato (ITCCS), attraverso il suo Segretario, Rev. Kevin Annett, ha scritto al presidente Napolitano, chiedendogli di non assistere Ratzinger nell’eludere la giustizia.
La lettera ITCCS, dice tra l’altro:
“Non ho bisogno di ricordare, signor Presidente, che in base al diritto internazionale e dei trattati che sono stati ratificati da Italia, sono vietati voi e il vostro governo di concedere tale protezione a chi, come Joseph Ratzinger, ha aiutato ed incoraggiato azioni criminali, ad esempio ordinando Vescovi e Cardinali in America e altrove, per proteggere i stupratori di bambini noti all’interno del loro clero.”
“L’obbligo in Vaticano attraverso il Trattato del Laterano non nega o annulla i requisiti di queste leggi morali e per di più internazionali, né richiede che si dia alcuna protezione o immunità per un singolo individuo come Joseph Ratzinger, soprattutto dopo che ha lasciato il suo ufficio papale. “
Una copia del testo integrale della lettera ITCCS segue al termine di questo post
In risposta ai crimini documentati di torture minorili, tratta e il genocidio legato a Papa Benedetto e funzionari del Vaticano, ITCCS sponsorizzerà una serie di proteste in corso e occupazioni di chiese cattoliche e uffici attraverso i suoi affiliati in tutto il mondo a partire nella settimana di Pasqua, 24-31 marzo 2013, che continuerà a tempo indeterminato.
Queste azioni accompagneranno gli sforzi legali per portare Joseph Ratzinger e altri funzionari del Vaticano in giudizio per la loro complicità dimostrata nei crimini contro l’umanità e associazione a delinquere.
La campagna di Pasqua Bonifica raccoglie le proprietà della chiesa e le sue attività per impedirne l’utilizzo da parte dei sacerdoti che stuprano bambini, che sono protetti dal diritto canonico cattolico. I cittadini hanno il diritto di difendere la loro comunità e dei bambini quando le autorità si rifiutano di farlo, secondo il diritto internazionale.
Il Rev. Kevin Annett e una delegazione ufficiale presso l’Ufficio ITCCS centrale convocheranno una formale richiesta per i diritti umani a Roma, con inizio la settimana del 13 maggio 2013, per prendere in considerazione ulteriori oneri contro il Vaticano e il suo nuovo Papa per crimini contro l’umanità e ostruzione della giustizia.
Rev. Annett e la sua delegazione lavorerà con le organizzazioni di tutta Italia in questa indagine. Nel 2009 e nel 2010, ha tenuto comizi fuori dal Vaticano e si è incontrato con i media e per i diritti umani in tutta Italia per indicare il Vaticano come responsabile della morte di più di 50.000 bambini aborigeni in Canada.
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Lettera aperta e appello a Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica d’Italia dal Rev. Kevin D. Annett, segretario del Tribunale internazionale sui crimini della Chiesa e dello Stato
14 feb 2013
Al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano
Presidenza della Repubblica
c / o Palazzo del Quirinale
00187 Roma
Italia
Caro Presidente Napolitano,
A nome del nostro Tribunale e della gente di coscienza in tutto il mondo, e dei milioni di vittime degli abusi della chiesa, io faccio appello a voi per quanto riguarda il vostro prossimo incontro con Joseph Ratzinger, che tra poco darà le dimissioni come Papa Benedetto XVI, Pontefice della Chiesa di Roma.
La nostra comprensione è che, a seguito della pressione dimettersi dal suo ufficio a causa della sua complicità provata nel nascondere il traffico di bambini nella sua chiesa e di altri crimini contro l’umanità, Joseph Ratzinger chiede l’aiuto del governo italiano per garantire la protezione e immunità da azioni legali.
Non ho bisogno di ricordare, signor Presidente, che in base al diritto internazionale e dei trattati che sono stati ratificati da Italia, è vietato a voi e al vostro governo di concedere tale protezione a coloro che, come Joseph Ratzinger hanno aiutato ed incoraggiato azioni criminali, come l’ordinazione episcopale e cardinalizia in America e altrove per proteggere gli stupratori di bambini noti tra il loro clero.
L’obbligo in Vaticano attraverso i Patti Lateranensi non nega o annulla i requisiti di queste leggi morali superiori e internazionali; né richiede che si fornisca alcuna protezione o immunità a un singolo individuo come Joseph Ratzinger, soprattutto dopo aver lasciato il suo ufficio papale.
La necessità di rispettare il diritto internazionale e non essere visto a colludere con Joseph Ratzinger è ancora più vera se si considera l’enormità dei crimini di cui il Vaticano ed i suoi più alti funzionari sono chiaramente colpevoli, secondo le prove considerevoli raccolte e documentate dal nostro Tribunale e altri gruppi, e riconosciute da molti governi.
In Canada da solo, la Chiesa Cattolica Romana ed i suoi agenti del Vaticano sono stati giudicati colpevoli di genocidio e la responsabilità per la morte di almeno 50.000 bambini aborigeni del sistema indiano di scuola residenziale avviato dai gesuiti, che ha operato fino al 1996.
In Irlanda, più di 10.000 donne hanno sofferto e sono state sfruttate nelle lavanderie Magdalene a conduzione cattolica, dove molte di loro morirono. Simili istituzioni gestite dalle chiese di tutto il mondo hanno causato mortalità enorme, malattie e rovina per milioni di bambini. E tuttavia la Chiesa non è mai stata ritenuta responsabile o perseguita per queste morti e per il furto di enormi ricchezze da intere nazioni.
Con la recente iniziativa di almeno un governo europeo e una serie di avvocati per portare Joseph Ratzinger e altri rappresentanti della chiesa a processo per questi crimini, riteniamo che incombe su di voi né di assistere né di essere visto per assistere o tollerare il tentativo di lui di eludere, ostacolare o ritardare la giustizia, perché ci si apre ad una accusa di essere complice di un crimine.
A nome del nostro Tribunale e di molte persone che non possono parlare, vi invito a stare sulla legge delle nazioni e l’umanità, e non offrire alcun sostegno o protezione a Joseph Ratzinger o ai suoi accoliti nei loro sforzi di eludere la responsabilità per i loro crimini provati.
Attendo con ansia la vostra risposta, e di discutere con Lei al più quando visiterò il vostro paese in maggio con una delegazione di diritti umani per indagare la questione più da vicino.
Cordiali saluti,
Kevin D. Annett, MA, M. Div..
Segretario, Il Tribunale Internazionale sui Crimini della Chiesa e dello Stato
Ufficio Centrale, Bruxelles
cc: World Media
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Nel frattempo qualcuno discuteva sulla veridicità del fulmine caduto sulla basilica di S.Pietro proprio il giorno 11, dopo il fatidico l’annuncio.
Poi si è trovato anche un frammento video che comunque potrebbe anch’esso essere un esperto montaggio.
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Ieri invece, il 13-02-2013 lo stesso sito riportava quest’articolo: http://itccs.org/2013/02/13/pope-benedict-resigned-to-avoid-arrest-seizure-of-church-wealth-by-easter/
Il Papa presenta le dimissioni per evitare l’arresto, i beni della chiesa confiscati entro Pasqua.
Inviato il 13 febbraio 2013 da itccs
Una nota diplomatica e’ stata fatta pervenire al Vaticano appena prima delle sue dimissioni.
Il nuovo Papa ed il clero cattolico affrontano l’accusa e l’arresto in quanto il piano “ bonifica pasquale” continua.
Comunicato stampa su scala globale e la dichiarazione del Tribunale Internazionale sui Crimini della Chiesa e dello Stato.
Bruxelles:
Le dimissioni storiche senza precedenti di Joseph Ratzinger come Papa questa settimana sono dovute all’azione di un governo europeo che ha emesso un mandato di arresto contro Ratzinger e un vincolo pubblico contro le proprietà e beni del Vaticano entro Pasqua.
La sede centrale del ITCCS a Bruxelles ha costretto Papa Benedetto alle improvvise dimissioni per rivelare i seguenti dettagli:
1. Venerdì 1 febbraio 2013, sulla base delle prove fornite dalla nostra Corte di Giustizia affiliata di Common Law (itccs.org), il nostro Ufficio ha raggiunto un accordo con i rappresentanti di una nazione europea e della sua Corte di Giustizia per garantire un mandato di arresto contro Joseph Ratzinger, alias Papa Benedetto, per crimini contro l’umanità e per associazione a delinquere.
2. Tale mandato di arresto sarà recapitato all’ufficio della Santa Sede a Roma, il 15 febbraio 2013. Darà la possibilità alla nazione in questione di detenere Ratzinger in quanto sospetto di un crimine nel caso in cui dovesse entrare nel territorio sovrano.
3. E’ stata recapitata una nota diplomatica dal governo di tale nazione al Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone, lunedì 4 febbraio 2013, informando Bertone di un mandato di arresto imminente ed invitando il suo ufficio ad attenersi alle disposizioni.
Non e’ stata data alcuna risposta a tale nota diplomatica dal Cardinale Bertone o dal suo ufficio, ma dopo sei giorni, Papa Benedetto ha presentato le sue dimissioni.
4. L’accordo tra il nostro tribunale e il governo della nazione in questione include una seconda disposizione attraverso la Corte di Giustizia di tale paese di emissione di un vincolo commerciale sulla proprietà e sui beni della Chiesa Cattolica Romana con inizio da domenica di Pasqua 31 marzo 2013. Tale vincolo e’ accompagnato da una ‘campagna di bonifica pasquale’ pubblica e globale contro la Chiesa Cattolica secondo cui la proprietà della Chiesa Cattolica viene occupata e rivendicata dai cittadini come bene pubblico secondo il diritto internazionale e lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.
5. E’ decisione del nostro tribunale e del governo dello stato in questione di procedere all’arresto di Joseph Ratzinger e allo sgombero dell’ufficio del Romano Pontefice con l’accusa di crimini contro l’umanità e di associazione a delinquere.
6. Inoltre, per nostra decisione si procederà all’incriminazione e all’arresto del successore di Joseph Ratzinger come Papa sulle stesse basi, all’imposizione di un vincolo commerciale e alla ‘campagna di bonifica pasquale’ contro la Chiesa Cattolica Romana come pianificato.
In conclusione, il nostro tribunale riconosce che la complicità di Papa Benedetto nelle attività criminali della Banca Vaticana (IOR) avrebbe reso impellente le sue eventuali dimissioni forzate da parte delle altre cariche del Vaticano. Ma, secondo le nostre fonti, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone ha forzato Joseph Ratzinger alle immediate dimissioni in risposta diretta alla nota diplomatica concernente il mandato di arresto che e’ stato indetto dal governo della nazione in questione il 4 febbraio 2013.
Ci appelliamo a tutti i cittadini e ai governi ad assistere i nostri sforzi per demolire legalmente e direttamente il Vaticano Spa e ad arrestare i propri capi ed il clero che si sono resi complici di crimini contro l’umanità e per la loro continua associazione a delinquere affinché possiamo aiutare e proteggere i bambini dalla tortura e dal loro traffico.
Ulteriori aggiornamenti sull’evento della ‘campagna di bonifica pasquale’, verranno resi noti dal nostro ufficio questa settimana.
13 febbraio 2013
ore 12.00
dalla sede centrale a Bruxelles
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Qui invece il servizio importantissimo andato in onda su EURONEWS.
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Qui l’articolo di Tanja sul blog RISVEGLIO DI UNA DEA.
Spiccato un mandato d’arresto europeo per Joseph Ratzinger!
Joseph Ratzinger è stato costretto ad annunciare le sue dimissioni senza precedenti storici (o quasi…) dalla carica di Papa a causa di un’imminente azione dei Governi europei, che hanno spiccato un mandato di arresto contro Ratzinger e, entro Pasqua, emetteranno un lien commerciale (diritto ipotecario) pubblico sulla proprietà del Vaticano.
L’Ufficio centrale dell’ITCCS – International Tribunal into Crimes of Church and State di Bruxelles è stato costretto, dall’improvvisa abdicazione di Benedetto XVI, a rivelare i dettagli seguenti:
1. Venerdì 1 febbraio 2013, sulla base delle prove fornite dalla nostra affiliata Corte di Giustizia Common Law (itccs.org), il nostro ufficio ha concluso un accordo con i rappresentanti di una non specificata nazione europea e dei suoi giudici, a garanzia di un mandato di arresto contro Joseph Ratzinger, alias Papa Benedetto XVI, per crimini contro l’umanità ed associazione a deliquere.
2. Questo mandato d’arresto sarà consegnato all’ufficio della Santa Sede di Roma il giorno venerdì 15 febbraio 2013. La suddetta nazione non specificata ha concesso il permesso di trattenere Ratzinger, come criminale sospettato, all’interno del territorio sovrano della Città del Vaticano.
3. Lunedì 4 febbraio 2013, detta nazione ha consegnato una nota diplomatica nelle mani del Segretario di Stato Vaticano, card. Tarcisio Bertone, informandolo dell’imminente mandato di arresto e invitando il suo ufficio a farlo rispettare. Nè il card. Bertone nè il suo ufficio hanno fornito alcun riscontro immediato a questa nota, tuttavia, solo sei giorni più tardi, papa Benedetto si è dimesso.
4. L’accordo tra il nostro Tribunale e i tribunali della nazione in parola, comprende come seconda disposizione, quella di emettere un lien commerciale (diritto ipotecario) sopra la proprietà e la ricchezza della Chiesa Cattolica Romana con effetto a partire dalla domenica di Pasqua, 31 marzo 2013. Questo lien sarà accompagnato a livello globale dalla pubblica Campagna Pasquale di Rivendicazione (“Easter Reclamation Campaign”, n.d.t.), in base alla quale le proprietà della Chiesa Cattolica saranno occupate e rivendicati dai cittadini come beni pubblici ed incamerate ai sensi del Diritto Internazionale e dello Statuto di Roma dellaCorte Penale Internazionale.
5. È decisione del nostro Tribunale e del governo della nazione in parola, quella di procedere all’arresto di Joseph Ratzinger e alla sua rimozione dall’incarico di Pontefice Romano, con l’accusa di crimini contro l’umanità e associazione a delinquere.
6. È altresi nostra nuova decisione quella di procedere come previsto anche all’incriminazione e all’arresto del pontefice successore di Joseph Ratzinger, secondo le stesse accuse, e di imporre il lien commerciale e laCampagna Pasquale di Rivendicazione contro la Chiesa cattolica romana.
In chiusura, il nostro Tribunale riconosce che, a causa della complicità di Papa Benedetto XVI nelle attività criminali della Banca Vaticana IOR, quest’ultimo è stato persuaso alle dimissioni dai più alti funzionari del Vaticano. Secondo le nostre fonti, è stato il Segretario di Stato Tarcisio Bertone a costringere Joseph Ratzinger rimettere immediatamente il suo incarico, in risposta diretta alla nota diplomatica relativa al mandato d’arresto a lui notificata il 4 febbraio 2013 da parte del governo della suddetta nazione.
Facciamo appello a tutti i cittadini e ai governi affinchè supportino i nostri sforzi per demolire legalmente e direttamente la corporation Vaticana ed arrestare i principali ufficiali e membri del clero complici in crimini contro l’umanità e nella cospirazione criminale in corso per proteggere ed insabbiare la tortura e il traffico di bambini.
Questa settimana, il nostro ufficiò pubblicherà ulteriori bollettini di aggiornamento sugli eventi dellaCampagna Pasquale di Rivendicazione.
Bollettino pubblicato il 13 febbraio 2013
ore 12:00 GMT (13:00 italiane)
dall’Ufficio Centrale di Bruxelles
Blog Hearthaware
Traduzione: Lòthlaurin
Leggi anche:
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IL CAPO HA GRADITO – VIDEO
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Intanto Daniele Di Luciano sul sito LO-SAI pubblicava alcuni riferimenti relative alle profezie:
Se la profezia di Malachia è giusta, il prossimo papa sarà…
– di Daniele Di Luciano –
San Malachia era un Vescovo irlandese che nel 1139 ebbe una visione e in seguito alla visione scrisse una lista dei futuri papi, da Celestino II (1143-1144) fino all’ultimo papa della Chiesa Cattolica.
Per ogni papa scrisse un motto profetico, per un totale di 112 motti.
Benedetto XVI sarebbe il centoundicesimo, praticamente il penultimo Papa.
San Malachia ha avuto una bella fortuna a partire dal primo della sua lista: Celestino II fu definito “Ex Castro Tiberis” (Dal Castello del Tevere) ed infatti il papa proveniva da Città di Castello, nella valle del Tevere.
Il suo successore, Lucio II (1144-1145), era “Inimicus Expulsus” (Nemico cacciato) ed infatti si chiamava Gherardo Caccianemici dall’Orso.
Non sempre San Malachia è stato tanto preciso. Ciò potrebbe significare che la sua profezia non abbia valore o che gli storici non sono riusciti ad interpretare i motti profetici in base alle parziali informazioni che si sono conservate sui papi.
Interessanti sono anche i motti relatii agli ultimi papi: Giovanni Paolo I, morto in circostanze misteriose dopo appena 33 giorni di pontificato, era “De Medietate Lunae” (Metà della Luna). Curioso che durante quel mese ci fu un’eclissi totale di Luna.
Benedetto XVI, il penultimo della lista è “De Gloria Olivae” (Gloria dell’olivo). Cito Wikipedia:
“Il motto De gloria olivae è stato collegato al nome “Benedetto” perché alcuni benedettini sono anche chiamati “monaci olivetani”. Da notare che nell’araldo del Papa è raffigurata un persona di colore sul lato destro (sinistro rispetto all’osservatore) simbolo della Diocesi di Frisinga di cui fu arcivescovo. Il termine “olivae” è stato collegato al colore di questo viso di moro. Il 26 aprile 2009 Benedetto ha proclamato santo Bernardo Tolomei, fondatore dell’ordine degli Olivetani.”
E se Benedetto XVI si dimettesse, chi sarà il prossimo secondo la profezia?
San Malachia lo chiama “Pietro il Romano” e su di lui si dilunga:
“In persecutione extrema Sacrae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septis collis diruetur, et Judex tremendus judicabit populum suum. Amen” (Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà (sul trono) Pietro il Romano, che pascolerà il suo gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli sarà distrutta e il giudice tremendo giudicherà il suo popolo)
Pietro il Romano… chi potrebbe mai essere?
Il 2 dicembre 1934 è nato Tarcisio Bertone, oggi cardinale e arcivescovo. È Segretario di Stato Vaticano dal 2006 e ricopre dal 2007 la carica di Camerlengo di Santa Romana Chiesa.
Il nome completo di Bertone è Tarcisio Pietro Evasio Bertone ed è nato a Romano Canavese… Pietro il Romano… Coincidenze? Staremo a vedere.
Link qui: http://www.losai.eu/se-la-profezia-di-malachia-e-giusta-il-prossimo-papa-sara/#.URj5Z2enmM0
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Intanto dalla pagina Facebook ORWELL 2012 estrapolo le scritture che seguono.
Qui il link della pagina: https://www.facebook.com/pages/Orwell-2012/173278516094112
“I Gesuiti… sono semplicemente l’esercito di Roma per la sovranità terrena del mondo nel futuro, con il Pontefice di Roma come imperatore… il loro ideale è quello… La semplice brama di potere, di guadagni terreni sporchi, di dominio – qualcosa di simile ad una servitù della gleba universale con essi [i Gesuiti] come padroni – è tutto quel che rappresentano. Forse non credono nemmeno in Dio”.
Fyodor Dostoyevsky (1821-1881; famoso romanziere russo)
La Compagnia di Gesù nacque grazie ad un nobile spagnolo e membro degli Alumbrados, Don Ignazio Loyola, il 15 Agosto 1534. Nella cappella sotterranea della Chiesa di Montmartre di Parigi, Loyola e i suoi nove seguaci fecero il voto di dichiarare guerra ai Saraceni Musulmani d’Oriente (questa dottrina è molto legata all’attuale “Guerra al Terrorismo” del Papa, definita una “Crociata” dal Coadiutore Temporale Gesuita di Skull e Bones, il Presidente George W. Bush. L’Ordine usò il Massone Napoleone allo stesso scopo, quando questi invase l’Egitto nel 1799, uccidendo infine tutti i Mamelucchi Islamici). Nel 1540 la Compagnia (Loyola e i suoi nove seguaci) fu incorporata nel Papato Romano da Papa Paolo III con una bolla papale. Sebbene legalmente soggetto al Papa, l’Ordine è una “Chiesa nella Chiesa”, una giurisdizione all’interno di una giurisdizione, come l’ha descritta Sir William Blackstone. Una recente spiegazione del rapporto tra la Compagnia e il Papato si può trovare nella connessione tra il Partito Nazista e le SS. Hitler faceva la parte del Papa, Bormann (l’“Eminenza Grigia” di Hitler) fece la parte del Cardinale Segretario di Stato, e la Gerarchia Nazista fu modellata conformemente alla Gerarchia Romana. Le SS erano esterne al potere politico nazista. Himmler era il Generale Gesuita, i suoi Generali SS agivano come i suoi “Assistenti Gesuiti”, le sue SS, vestite di nero come i Gesuiti, furono chiamate “gli uomini in nero”, titolo che fu usato nel film di Hollywood sull’Ordine, Uomini in Nero, nel quale recitava il Coadiutore Temporale Gesuita Tommy Lee Jones – un altro amico intimo del laureato alla Gesuita Georgetown University e membro del CFR William Jefferson Clinton, il “Crociato” dell’Ordine contro il popolo serbo ortodosso.
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Sì. La lista è immensa. Qui ce ne sono alcuni. Marx fu monitorato dai Gesuiti nel British Museum per circa trent’anni; sia Lenin che Mussolini furono formati dai Gesuiti quando si trovavano a Ginevra – il paradiso bancario internazionale dell’Ordine, motivo per cui la Svizzera non va mai in guerra; Stalin fu addestrato dai Gesuiti nel Seminario Ortodosso di Tiflis in Georgia – fatto pubblicamente ammesso dallo stesso “Koba” al giornalista ed Ebreo Massone Emil Ludwig (Cohen). Fidel Castro fu formato dai Gesuiti per sette anni a Cuba, fu posto al potere dalla CIA e consigliato da un Gesuita, Fr. Armando Llorente, durante la rivoluzione. Il massone Douglas MacArthur fu formato dai Gesuiti, secondo un Colonnello dell’Esercito che lo conosceva personalmente. Il Massone Lyndon Johnson fu formato per un periodo dai Gesuiti, come lo fu “il laureato” Presidente Bill Clinton. Don Shula dei Miami Dolphins fu educato dai Gesuiti insieme a Denzel Washington, quel traditore del suo stesso popolo nero. La star di Mash fu formata dai Gesuiti, mentre Martin Sheen (che cambiò il proprio nome adottando quello del Vescovo della Guerra Fredda Fulton Sheen) ha fatto suoi gli Esercizi Spirituali di Loyola e ha recentemente dedicato una nuova biblioteca alla Marquette University dell’Ordine. John C. Gannon, il vero padre del Department of Homeland Security dell’Ordine (la nostra Gestapo americana) fu un membro dei Corpi Volontari Gesuiti, ed è affiliato ad esso, oltre ad essere un ex ufficiale della CIA e un membro del CFR. Pat Buchanan, un Cavaliere di Malta (SMOM), è affiliato al Gesuita John McLaughlin del McLaughlin Group, e fu formato dai Gesuiti a Georgetown, come lo fu il Cavaliere di Malta ed ex Direttore della Cia Geoge J. Tenet – l’uomo incaricato di abbattere il WTC e attaccare il Pentagono con un missile Cruise. Questo è uno dei legami, insieme al Cavaliere di Malta Rudolf Giuliani, che ci permette di collegare l’Arcivescovo di New York, il Cardinale Edward Egan, all’11 Settembre e quindi alla “Guerra al Terrorismo” di Bush. Chris Matthews di Hardball fu formato dai Gesuiti al College of the Holy Cross, e servì per molti anni come assistente di Thomas “Tip” O’Neill, un altro Coadiutore formato dai Gesuiti, assassino di Kennedy, portavoce della Casa Bianca e amministratore del Gesuita Boston College. Il Capo della Federal Reserve Bank Papale di New York – dove è immagazzinato tutto l’oro della nazione grazie al dono fatto da Roosevelt dell’oro di Fort Knox alla Fed, secondo le affermazioni dell’ “l’uomo che aprì Fort Knox”, l’ultimo avvocato Cattolico Romano di Washington, Dr. Peter Beter – è il Presidente del CFR Peter G. Peterson, che ha un dottorato onorario alla Georgetown University. Perfino JFK la frequentò per un periodo, così come fece alla Socialista Fabiana London School of Economics di Londra (l’Ordine lo preparò per la presidenza, ottenne la sua “elezione” e poi lo uccise per essere stato “un tiranno disobbediente ed un usurpatore”). Indubbiamente i Gesuiti formano e influenzano coloro che governeranno per loro conto. Il Dipartimento di Stato pullula di persone laureate dall’Ordine, iniziando dal Gesuita Edmund A. Walsh – il signore di entrambi i tribunali militari dopo la Seconda Guerra Mondiale e sostenitore dell’inquisitore formato dai Gesuiti Joseph McCarthy. Ancora, Wylie scrive a pag. 388:
“Ovunque abbiano impiantato missioni, aperto seminari e fondato college, i Gesuiti sono stati attenti ad inculcare questi principi nelle menti dei giovani, gettando così i semi di futuri tumulti, rivoluzioni [il Movimento per i Diritti Civili dei Neri], regicidi [l’assassinio di JFK] e guerre [la Guerra del Vietnam]”.
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L’obiettivo della Compagnia di Gesù è consolidare tutta la ricchezza mondiale (comprese tutte le terre e le attività produttive) e tutto il potere (sia spirituale che temporale) nelle proprie mani. Con questi mezzi, l’Ordine cercherà poi di obbligare tutte le nazioni a sottomettersi al governo terreno del “Papa Bianco” di Roma. J. A. Wylie scrisse, nella sua edizione del 19mo secolo di The History of Protestantism, Vol. II, Book Fifteen, pp. 387, 388, 393, 398, 412 e 399, a proposito dei Gesuiti:
“Loyola formò un esercito per conquistare il mondo… Il Generale è la Compagnia… egli può innescare in essi il fanatismo, ispirare loro un’ambizione luciferina e in tal modo pervertire ed indurire le loro anime con massime malvagie e con un lungo e rigoroso addestramento, affinché siano insensibili alla vergogna e al dolore, e accolgano la sofferenza e la morte. Tali furono le armi degli uomini che mandò in battaglia… Ma, inoltre, questi figli di Loyola sono i re del mondo e gli unici eredi della sua ricchezza, degli onori e dei piaceri; ed essi hanno la facoltà di abbattere e trascinare nella polvere – come una cosa vile e maledetta – ogni legge, usanza, incarico sacro e venerabile, autorità augusta e reale si frapponga tra loro e la loro signoria di diritto sull’umanità. Le massime morali dei Gesuiti devono essere messe in atto contro i re così come contro i contadini… essi saranno i signori delle sue terre e dei suoi palazzi, i signori dei corpi e delle anime dei suoi abitanti, e nulla, tra quel che il cuore può desiderare, sarà loro irraggiungibile, se soltanto gli obbediranno [al Generale Gesuita]… Che messe di piani, tumulti, sedizioni, rivoluzioni, torture, avvelenamenti, assassinii, regicidi e massacri ha raccolto il Cristianesimo dal seme gettato dai Gesuiti! E nemmeno possiamo essere certi di aver già visto l’ultimo e il più grande dei loro crimini”.
Lo stesso Ignazio dichiarò che lo scopo dell’Ordine era quello di:
“. . . conquistare a Dio [il Papa di Roma] non solo un singolo popolo, un singolo paese, ma tutti i popoli, tutti i regni del mondo”.
Tale governo secolare deve essere incentrato a Gerusalemme, entro il ricostruito Tempio di Salomone – il Terzo Tempio Ebraico. Loyola innanzitutto tentò di prenderlo ai Musulmani quando fece il suo viaggio in quella città prima di creare l’Ordine (Michael Cervantes, egli stesso spagnolo, caratterizzò satiricamente Ignazio con la sua infame creazione del “pazzo”, Don Chisciotte). L’Ordine cercò il dominio da quel momento fino adesso. Questo si conforma completamente alla profezia biblica che dichiara che il dittatore degli Ultimi Giorni posseduto da Satana — “la bestia” — governerà il mondo per quarantadue mesi prima del ritorno del Signore Gesù Cristo, che poi siederà sul trono di suo padre Davide, governando il mondo per mille anni.
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Da un utente Facebook estraggo questo post pieno di spunti numerologici!
..quindi il papa abdica, un gesto quasi sconosciuto all’interno della chiesa cattolica. Evento scioccante per la collettività, operato in un momento storico estremamente travagliato. La motivazione fa subito acqua da tutti le parti, difatti si legge che il papa non è malato, ma affaticato, privo di energia. Il gesto viene portato all’attenzione delle masse nella sua alta nobiltà, sublimata anche la sapienza da vivere nella vecchiaia… Così non può non venire in mente un altro papa Giovanni Paolo secondo, con tanto di morbo di parkinson e tanti altri acciacchi. La prima incongruenza è questa, non è malato, solo affaticato quindi nulla di riscontrabile per chi volesse indagare su questo. Inoltre è follia pura abdicare in un momento così drammatico anche per la chiesa, per le divisioni interne e per tante altre cose, comunque nessun pontefice si è mai dimesso per essersi affaticato o meglio ancora per malattia. Ora guardiamo la profezia di Malachia, da una nota di Fabio Storino: “nessun pontefice per tradizione assume il nome Pietro, e Malachia non specifica che Pietro Romano sia un Papa. Ora, chi regge la chiesa in assenza di pontefice? Il cardinale camerlengo. E chi è l’attuale camerlengo, dal 4 aprile 2007? È il cardinale PIETRO Tarcisio Bertone nato a ROMANO Canavese… Pietro il Romano nel perfetto stile di Malachia!”(notate anche Cavanese) Quindi il camerlengo non è un papa ma un “vicario Tecnico”, e ho scritto tecnico perché ricorda l’attuale politica italiana, così come quella greca. Strana concordanza, questa. Per Malachia Giovanni P. II e il 111 papa il penultimo, quindi l’ultimo sarebbe Benedetto 16 che ha oltretutto sullo stemma nella sinistra una testa di moro con una corona che potrebbe far pensare ad un papa nero. Altra concordanza? Ma veniamo ai numeri, tutti sanno, o quasi, che l’11 è il numero della massoneria e nella nostra cultura esoterica contemporanea anche le torri gemelle lo sono, sia come matrice archetipa che come data. Oggi è l’11 …/2/2013, l’annuncio viene dato alle 11-46, si rivelano già due 11, ma c’è dell’altro, se si somma la data, il risultato è 10, così come se si sommano i minuti (46) sempre 10 cioè 1, anche il 28 febbraio ultimo giorno di pontificato è 10 ..(1). Dulcis in fundo, un fulmine s è scagliato sopra il cupolone ed è stato addirittura colto da un fotografo. Che dire non ci sarà magari un complotto dietro??? Mi fermo qui…già mi sono dilungato troppo, un ultima chicca, mi faceva notare un amico che il giorno del suo incoronamento Benedetto sotto l’abito papale, indossava una maglia NERA a manica lunga!!! ….. se sarà scordato de toglierla? Ma papa ce se diventa una volta sola.. se ce se deve diventà. Chi ha orecchie per intendere, intenda!
Jimmy Cerquetella
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Proprio l’11 Febbraio il sito LINKIESTA pubblica questo articolo dove sostiene, con tanto di prove storiche, che Joseph Ratzinger sarebbe il settimo Papa ad abdicare.
Un attento lettore però ribadisce in un commento:“A parte Celestino V sono dimissioni, pardon rinunce, frutto di accordi o imposizioni. Quindi nella storia della Chiesa questa è solo la seconda volta che un Papa se ne va di propria spontanea volontà.”
Il link qui:http://m.linkiesta.it/dimissioni-papa
1) Papa Clemente I (in carica dal’88 al 97 ). Rinunciò alla carica a favore di Evaristo perché, arrestato ed esiliato, non voleva che i fedeli rimanessero senza una guida spirituale.
Nella lista dei vescovi di Roma fornita da Ireneo di Lione, C. (o Clemente Romano) è considerato il terzo successore degli apostoli dopo Lino e Anacleto. Ireneo afferma che C., non unico nella sua epoca, era stato a contatto con gli apostoli, tanto che la loro predicazione risuonava alle sue orecchie e la loro tradizione era davanti ai suoi occhi, e ricorda che durante il suo episcopato la Chiesa di Roma inviò ai Corinzi una lettera per farli riconciliare, rinnovando la fede e la tradizione apostolica da poco ricevuta. Eusebio di Cesarea conferma questi dati aggiungendo altre notizie: sarebbe succeduto ad Anacleto nel dodicesimo anno di Domiziano, cioè nel 92 (Historia ecclesiastica III, 15; cfr. Chronicon, ad a. 92, dove si afferma che fu a capo della Chiesa di Roma per nove anni), sarebbe stato compagno di Paolo (Historia ecclesiastica III, 4, 9) – con un probabile riferimento all’omonimo personaggio citato in Filippesi 4, 3 – insieme ad altri collaboratori dell’apostolo…
2) Papa Ponziano (in carica dal 230 al 235). In esilio in Sardegna, con la Chiesa divisa, lasciò per rendere possibile l’elezione di un nuovo Papa. Si dimise il 28 settembre del 235. Il Catalogo Liberiano usava le parole discinctus est. Al suo posto fu eletto papa Antero. Poco prima di questo avvenimento o immediatamente dopo, Ippolito, che era stato deportato in Sardegna con Ponziano, si riconciliò con la Chiesa di Roma e lo scisma che aveva causato ebbe termine.
La data di inizio dell’episcopato si deve fissare per congettura al 230, in quanto la fonte migliore, il Catalogo Liberiano, presenta indicazioni contraddittorie. Esso stabilisce la durata dell’episcopato in cinque anni, due mesi e sette giorni e lo fa decorrere dal consolato di Pompeiano e Peligniano, cioè dal 231. Le due circostanze menzionate nel catalogo appaiono incompatibili, tenendo conto di quanto dice appresso, ricordando le circostanze della fine di Ponziano. Questi fu deportato insieme con il presbitero Ippolito in Sardegna, e la durezza del provvedimento è chiarita nel testo dalla specificazione: “in insula nociva”, con la quale si vuole probabilmente intendere il clima insalubre e la condanna ai lavori forzati nelle miniere. L’anno dell’esilio è fissato al consolato di Severo e Quintiano, cioè al 235. Il catalogo ricorda quindi la data della rinuncia di P. alla carica, rinuncia espressa con il termine tecnico “discinctus est” (cfr. Thesaurus linguae Latinae […], V, 1, Lipsiae 1909-34, col. 1316), avvenuta in Sardegna (“in eadem insula”) il 28 settembre e l’ordinazione, come successore, di Antero il 21 novembre. Tali eventi, in assenza di ulteriori specificazioni, debbono intendersi avvenuti nello stesso 235. Calcolando a ritroso sulla base del lasso di tempo indicato nel testo per l’episcopato di P., si giunge a porne la data di inizio al 21 luglio del 230 e non al 231. L’anticipazione al 230 potrebbe essere corroborata da Eusebio di Cesarea che parla di un episcopato lungo sei anni (Historia ecclesiastica VI, 29, 1), ma non si può insistere troppo su questo, perché per la Sede di Roma nel III secolo le cronologie di Eusebio sono largamente deficitarie. Da notare che il catalogo non dice nulla sulla data della morte di Ponziano……
3) Papa Silverio (in carica dal 536 al 537) Vittima di un complotto, fu portato in Licia, dove si stabilì a Patara. Rientrato in Italia, probabilmente a Napoli, Vigilio, suo successore non fu disposto a tollerare il ritorno del suo predecessore illegalmente deposto lo fece portare sull’isola di Palmarola, un isolotto vicino a Ponza. Lì, l’11 novembre, Silverio fu costretto ad abdicare firmando un documento in cui rinunciava al ministero di vescovo di Roma in favore di Vigilio. Fu su quest’isola che il Papa morì a causa delle dure privazioni e del trattamento subito.
Figlio di papa Ormisda, Silverio nacque a Frosinone. Alla morte del padre, nel 523, ne compose l’epitaffio, oggi perduto, che celebrava la ricomposizione dello scisma fra gli ultimi sostenitori di Lorenzo e quelli di Simmaco, i tentativi di riconciliazione con l’Oriente e il ritorno dell’Africa alla libertà. Non è noto se all’epoca S. fosse già entrato nel clero, poiché sull’iscrizione non porta alcun titolo, ma quando giunse la notizia della morte di Agapito, avvenuta a Costantinopoli il 22 aprile 536, era suddiacono della Chiesa di Roma. Il pontificato di S., seppur breve, pone particolari difficoltà nell’uso delle fonti. Gli storici concordano nel riconoscere l’apporto di almeno due autori (L. Duchesne), forse tre (F. Savio, H. Hildebrand), nella notizia del Liber pontificalis dedicata a questo papa. Il primo, contemporaneo agli eventi narrati, è fortemente ostile al papa, portato al pontificato dal potere goto, e ripercorre la vita di S. fino alla sua deposizione. Il secondo ha composto presumibilmente il suo testo sotto il pontificato di Vigilio (L. Duchesne) o di Pelagio I (F. Savio), in una prospettiva di distanza temporale dagli eventi e nel contesto della controversia dei Tre Capitoli: trapela un violento astio nei confronti di Vigilio che l’indurrebbe a presentare S. come una sua vittima…..
4) Papa Benedetto IX (1032-1045) Divenne Papa giovanissimo, probabilmente a 11 anni. Dapprima rinuciò a favore di Silvestro III. In seguito riprese la carica per poi venderla a Gregorio VI, dopo aver abdicato il 1º maggio, forse per il desiderio di sposarsi, vendendo il suo ufficio al prete Giovanni “Graziano” de’ Graziani, suo padrino (probabilmente per oltre 650 kg d’oro). Tale procedimento venne definito simonia, parola che si riferisce a Simon Mago, che offrì denaro agli Apostoli per ricevere i doni dello Spirito Santo. Graziano fu incoronato con il nome di papa Gregorio VI il 5 maggio 1045. A Benedetto era stata promessa la figlia di Gerardo di Galeria (già promotore assieme ai Crescenzi, quattro mesi prima, dell’elezione di Silvestro III). Probabilmente, fu solo un’esca per invogliarlo a lasciare il papato e liberarsi definitivamente di lui. Evidentemente Benedetto si pentì presto della vendita, forse perché non gli fu più concessa la mano della fanciulla.
A Teofilatto, figlio di Alberico III, conte di Tuscolo, terzo di una serie di tre pontefici appartenenti alla famiglia tuscolana – Benedetto VIII e Giovanni XIX -, è toccato di rappresentare, nel valore emblematico più significativo e con una peculiarità di motivazioni, in un contesto unico, forse, in tutta la storia del papato altomedievale, il segno della assoluta mondanizzazione e strumentalizzazione del potere papale, contro la quale si sarebbe levata, nella seconda metà di quello stesso sec. XI che aveva visto la sua elezione, la sua espulsione, il suo rientro in Roma, la sua definitiva sconfitta, la reazione della Riforma gregoriana. Quadro a tinte decise, questo, lasciatoci da tutta una storiografia eccezionalmente concorde nella caratterizzazione dei tratti morali ed umani del pontefice tuscolano…
5) Papa Celestino V, detto il Papa del Gran rifiuto (rimase in carica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294). A seguito della sua rinuncia fu eletto Papa Bonifacio VIII, mentre lui si ritirava a vita eremitica sino alla morte.
Pietro del Morrone, il futuro papa, nacque nel 1209 o all’inizio del 1210: la fonte più sicura in proposito, la Vita Coelestini (pubblicata negli “Analecta Bollandiana”, 16, 1897, p. 431), racconta che aveva ottantasette anni al momento della morte avvenuta il 19 maggio 1296. Era originario della Contea di Molise, allora, insieme con la Terra di Lavoro, una provincia del Regno di Sicilia, ma non si è potuto stabilire con piena certezza il luogo di nascita. Sono stati indicati a favore di Isernia due documenti che lo qualificano come cittadino di quella città, ma la loro autenticità è piuttosto dubbia. Ci sono invece più indizi a favore della tradizione raccolta per la prima volta nella Vita in volgare di Stefano Tiraboschi di Bergamo, dell’inizio del sec. XV, che lo vuole nato nella località di Sant’Angelo Limosano (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. it. cl. V. 68 [= 5619], c. 31v: “[…] in uno castello che si chiama Sancto Angelo nasce lo gratioso Celestin […]”). Questa tradizione è avvalorata soprattutto dalla circostanza che il giovane Pietro entrò nel vicino monastero benedettino di S. Maria di Faifula (presso Montagano) separato da Sant’Angelo Limosano solamente dalla valle del Biferno (Vita Coelestini, p. 404)….
6) Papa Gregorio XII (in carica dal 1406 al 1415). È il periodo dello scisma d’occidente nel quale regnavano contemporaneamente ben tre Papi (Gregorio XII – Papa di Roma, Benedetto XIII – Papa di Avignone e l’antipapa Giovanni XXIII). La situazione viene risolta con il Concilio di Costanza. Gregorio nominò Carlo I Malatesta e il cardinale Giovanni Dominici di Ragusa come suoi delegati. Il cardinale convocò il concilio e autorizzò i suoi atti di successione, preservando così le formule del primato papale. Quindi Malatesta, agendo in nome di Gregorio XII, pronunciò l’abbandono di Gregorio, che i cardinali accettarono, ma in base a precedenti accordi, accettarono anche di mantenere tutti i cardinali che questi aveva creato, dando così soddisfazione alla famiglia dei Correr, e nominando Gregorio vescovo di Frascati e legato pontificio ad Ancona. Il concilio mise inoltre da parte anche l’antipapa Giovanni XXIII (1415) succeduto ad Alessandro V e lo Scisma d’Occidente giunse a conclusione. Gregorio spese il resto della sua vita, due anni, in una tranquilla oscurità ad Ancona.
Angelo Correr, appartenente al patriziato veneziano, figlio di Niccolò di Pietro e di una Polissena di cui non si conosce la famiglia, si ritiene solitamente nato verso il 1335 in Venezia. Alla data di nascita si risale in via induttiva per il fatto che, quando fu eletto papa nel 1406, sulla base del suo aspetto fisico si disse che aveva settant’anni ed oltre, ma è condivisibile la proposta di posticipare la nascita fin verso il 1345. In ogni caso la prima data sicura di cui disponiamo è quella del 23 marzo 1377, quando il Consiglio dei Pregadi, ossia il Senato veneziano, lo raccomandò a papa Gregorio XI perché gli affidasse il decanato della chiesa di Corone allora vacante, decanato mantenuto poi fino al 1390, ben oltre il momento della nomina a vescovo. Indicato in quell’occasione come “sacre pagine professor”, i suoi studi si erano svolti presso la facoltà teologica dell’Università di Bologna, sulla cui matricola figura come “magister Angelus de Venetiis, secularis, papa Gregorius XII”. Verso la fine del 1379 o (più probabilmente) l’inizio del 1380 era eletto vescovo della diocesi veneziana di Castello, ricevendone le congratulazioni da parte di Caterina da Siena.….
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UNA NOTIZIA INTERESSANTE invece è apparsa il 09-02-2013 sul sito http://www.trend-online.com/risparmio/vaticano-ior-capitali-banche-italiane/ dove la scrittrice Rossana Prezioso ci fornisce alcuni collegamenti importanti.
La prova? Il fatto che non emette prestiti. Forse un po’ poco per giustificare una mossa un po’ “strana”, soprattutto in un momento di grave carenza di liquidità da parte delle banche, sempre più costrette a rifiutare mutui per carenza di garanzia, come una recente indagine della stessa Banca d’Italia ha reso noto in una sua indagine conoscitiva.La particolarità di questo istituto di credito ordinario (infatti è giuridicamente riconosciuto come tale e non come Fondazione di diritto), creato nel 1941, è quella di non avere sportelli e bilanci molto discreti: sono infatti noti solo al Papa e a tre cardinali. Il che in tempi di necessarie trasparenze antiusura e antievasione suonano ancora molto “antiquate”. Per questo motivo più di una volta lo Ior è stato coinvolto, a vari livelli, in scandali di natura economica.Nonostante questo ancora i dirigenti dell’Istituto si rifiutano di cambiare le disposizioni interne e di aprire i propri bilanci anche agli ispettori in fase di indagine. Delle due l’una: o è una banca extra comunitaria (quindi controllabile) o non lo è (quindi non deve amministrare capitali, né avere un’organizzazione mondiale di banche controllate). Tertium non datur.
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Tratto dall’ottimo Blog Iconicon.it queste considerazioni di Jervè:Ci dobbiamo essere certamente persi qualcosa, se non ci è giunto alle orecchie alcun boato.Perché quanto riportato nell’ultimo libro di Joseph Ratzinger, il dimissionario papa Benedetto XVI, sarebbe in sé tale da provocarne di tanto forti nei notiziari, da risvegliare anche i piu incalliti osservanti.Invece la gente, in preda a sonnambulismo quotidiano artificialmente indotto, tace e continua distratta a fare le insensate cose di sempre.Nel suo libro “L’infanzia di Gesù”, Joseph Ratzinger rivela notizie che, se prese per quello che realmente rappresentano, avrebbero dovuto comportare una vera e propria rivoluzione tra le file dei fedeli della religione più seguita al mondo.Ecco le notizie:
- Gesù non è nato nell’anno zero. Di conseguenza il calendario gregoriano, base temporale della nostra vita, è sballato. Oops, scusate se è poco.
- Gesù non è nato il 25 dicembre, è stata scelta quella data poiché era una ricorrenza nota tra le festività pagane. Oops II.
- Tutti i dettagli di contorno che hanno dato vita alla vicenda del Natale così come da tradizione, sono inventati di sana pianta. Puro mito, una sceneggiatura scritta da qualcuno per generare un’usanza di massa. Abbiamo fatto i pirla per secoli mettendo le statuine del bue e dell’asinello nel presepe. Fior di maestri, nell’esempio qui riprodotto il Caravaggio, sono stati pagati per generare e sostenere nell’immaginario collettivo la visione di una storia che non si è mai verificata in quel modo. Oops III
Ora, per chi frequenta l’informazione alternativa queste sono cose piuttosto risapute. Il fatto davvero nuovo è che a dircele sia personalmente il vicario di Cristo in terra, scrivendole in un libro destinato alle masse.
Le quali, fedeli alle loro abitudini consolidate, hanno celebrato come sempre un Natale 2012 totalmente svuotato del significato tradizionale dallo stesso massimo ministro della fede religiosa cui la festività si riferisce.
Noi già al termine del 2011, come appare in questo link, dicemmo che quello sarebbe stato l’ultimo Natale della tradizione. Così infatti è stato, il libro del papa è uscito nel novembre 2012, prima di Natale.
Ma la gente non si è accorta che un’era stava terminando.
Anzi, era già terminata.
Jervé iconicon.it
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Filmato interessante di insolita provenienza registrato in Marzo 2012:
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E per finire questa lunghissima ricerca inserisco un altro completissimo articolo con relative canalizzazioni profetiche di Giorgio Bongiovanni.
http://www.giorgiobongiovanni.it/messaggi-2012/4578-dimissioni-di-sua-santita-benedetto-xvi.html
L’ipotesi di lasciare in un libro-intervista del 2010
Joseph Ratzinger, 86 anni il prossimo 16 aprile, era stato eletto papa dal conclave il 19 aprile 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II.
Il Papa errante
http://www.antimafiaduemila.com/2013021241188/attualita/il-papa-errante.html
Il Papa si dimette. Ne sanno niente allo Ior?
http://www.antimafiaduemila.com/2013021141178/crisi/il-papa-si-dimette-ne-sanno-niente-allo-ior.html
11 Febbraio 2013
DOPO LA DIFFUSIONE DELLE ULTIME NOTIZIE, QUI ALLEGATE, È INEVITABILE LA DIFFUSIONE DI QUESTA EPISTOLA.
LE DIMISSIONI DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI, CON UMILTÀ E RECITANDO IL MEA CULPA SAREBBERO AUSPICABILI E OPPORTUNE.IL PAPA TEOLOGO DOPO LE SUE ARROGANTI DICHIARAZIONI CONTRO LA STAMPA PURTROPPO INIZIA A MANIFESTARE LA VECCHIA E MAI TRAMONTATA METODOLOGIA DITTATORIALE DELLA SANTA INQUISIZIONE.
JOSEPH RATZINGER DOVREBBE SCACCIARE I MERCANTI DAL TEMPIO, I LADRONI, I MAFIOSI E CHIARIRE ALMENO LE ULTIME FOSCHE E NEFASTE VICENDE DEL SUO GOVERNO, INVECE RISPONDE CON ARROGANZA E SUPPONENZA.SI DIMETTA, SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI, E DIA UN SEGNO CRISTICO ALLA COMUNITÀ CATTOLICA DEL PIANETA. NOMINI UN SUCCESSORE TEMPORANEO PRIMA DEL CONCLAVE, UN MISSIONARIO TEOLOGO CHE VIVE IL CRISTO TUTTI I GIORNI CON I POVERI, I MISERABILI, GLI ULTIMI DEL MONDO, OPPURE UN MISSIONARIO SACERDOTE TEOLOGO CHE LOTTA TUTTI I GIORNI CONTRO LA MAFIA, NE AVETE PARECCHI IN ITALIA E ALL’ESTERO NELLA COMUNITÀ CRISTIANA CATTOLICA, SPESSO IGNORATI DALLE GERARCHIE VATICANE.SAREBBERO I PIÙ INDICATI QUESTI VERI SACERDOTI DI CRISTO, PER FARE PULIZIA ALL’INTERNO DELLE SUE STANZE, SANTITÀ BENEDETTO XVI, E SOPRATTUTTO ALL’INTERNO DELLE STANZE DOVE LO STERCO DI SATANA CERCA IN TUTTI I MODI CON IL SUO ODORE PUZZOLENTE DI INFANGARE IL CORPO MISTICO DI CRISTO. LE STANZE DELLO IOR, LA BANCA DEL VATICANO.
NELL’ATTESA DELLA SECONDA E GLORIOSA VENUTA DI CRISTO NOSTRO SIGNORE, PREGHEREMO PER LEI, SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI.
IN CRISTO, NOSTRO SIGNORE.
PACE!
22 giugno 2012
Giorgio Bongiovanni
Stigmatizzato
IL PAPA NON HA CONTO CORRENTE PERSONALE, MA È IL CAPO ASSOLUTO DELLA BANCA CHE HA UN SUO CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE.I CONTI CIFRATI (SENZA NOME) SONO CENTINAIA E APPARTENGONO A CITTADINI ITALIANI E STRANIERI ANONIMI CHE IL VATICANO SI RIFIUTA DI RIVELARE ALLE AUTORITÀ COMPETENTI ITALIANE. IN REALTÀ SI TRATTA DI EVASORI FISCALI, CRIMINALI MAFIOSI (PROVENZANO, RIINA ED ALTRI APPARTENENTI ALLE 4 ORGANIZZAZIONI CRIMINALI ITALIANE), TERRORISTI INTERNAZIONALI, MASSONI, POLITICI CORROTTI, BANCHIERI, INDUSTRIALI, FUNZIONARI DI STATO DI ALTISSIMO LIVELLO. ALTI VERTICI MILITARI, SERVIZI DI INTELLIGENCE ANCHE DI POTENZE STRANIERE.QUINDI IL COINVOLGIMENTO DI PERSONAGGI LEGATI AL VATICANO E CHE POSSIEDONO CONTI CORRENTI MILIARDARI IN EURO NELLO IOR SAREBBE DEVASTANTE PER IL SISTEMA MONDIALE POLITICO E FINANZIARIO DI ALCUNE SUPER POTENZE CHE FANNO PARTE DEL PONTE DI COMANDO DI COLORO CHE CONTROLLANO IL PIANETA TERRA. PER QUESTO MOTIVO E SOLO PER QUESTO IL PROF. GOTTI TEDESCHI TEME DI ESSERE UCCISO QUALORA RIVELASSE IL SEGRETO DEI SEGRETI. LO IOR HA RICICLATO MILIARDI DI EURO APPARTENENTI A COSA NOSTRA IN QUESTI ANNI E UNA SENTENZA DI UNA CORTE GIUDIZIARIA ITALIANA LO HA CONFERMATO. (Tratto dalle pagg. 3-4 della sentenza della prima Corte di Assise d’appello di Roma emessa il 7 maggio 2010 – Presidente Guido Catenacci / Consigliere estensore Piero De Crescenzo. Cosa nostra, nelle sue varie articolazioni, impiegava il Banco Ambrosiano e lo IOR come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo, rispetto alle acquisizioni di primo grado, consiste nella assunzione del dato per cui tali operazioni avvenivano quanto meno anche ad opera di Vito CIANCIMINO, oltre che di Giuseppe CALÒ).DA NOSTRI SONDAGGI ABBIAMO AVUTO NOTIZIA CERTA CHE VI È ALL’INTERNO DEL VATICANO UNA SANGUINOSA BATTAGLIA PER LA CONQUISTA DEL POTERE TRA VARIE CORRENTI ANTICRISTICHE E LA STESSA SI CONCLUDERÀ CON LA MORTE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI. QUESTO TRAGICO EVENTO PORTERÀ AL POTERE UNA CORRENTE POTENTISSIMA CHE TENTERÀ CON OGNI MEZZO DI CONQUISTARE LA CHIESA CATTOLICA E SOTTOMETTERLA DEFINITIVAMENTE ALLE FORZE DEL MALE, MA IL CRISTO FONDATORE DELLA CHIESA STESSA CON I SUOI UMILI MESSAGGERI TERRENI E I SUOI ANGELI CELESTI LO IMPEDIRÀ CON I SEGNI POTENTISSIMI IN CIELO ED IN TERRA, CON IL SACRIFICIO DEI SUOI UMANI MESSAGGERI E DEFINITIVAMENTE CON LA SUA DISCESA DAL CIELO CON LA POTENZA DELLE LEGIONI DI ANGELI E LA GLORIA DI DIO PADRE. (Matteo cap. 24)
ABBIATE FEDE! E PREPARATEVI!
IL GIUDIZIO DI CRISTO È PROSSIMO ED IL REGNO DI DIO SARÀ INSTAURATO ANCHE SULLA TERRA
IL TEMPO È VENUTO!
PACE!
22 Giugno 2012. Ore 13:35
Giorgio Bongiovanni
Stigmatizzato
http://www.corriere.it/cronache/12_giugno_20/depositi-cifrati-ior-trasferito-milliardo-timore-antiriciclaggio-fiorenza-sarzanini_cad27680-baaf-11e1-9945-4e6ccb7afcb5.shtml
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/06/12/vatileaks-ira-del-papa-contro-la.html
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/06/21/ai-pm-di-milano-le-carte.html
http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1GL3NK
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/monti-in-ginocchio-da-ratzinger/2184408
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News e Comunicati Stampa
Prima di diventare Papa, Ratzinger evitò un processo in USA grazie all´immunità
29/03/2010 – 11.13
(ANSA). Nel 2005 Joseph Ratzinger, citato in giudizio – quando era ancora Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede – per intralcio alla giustizia nell´ambito di un processo, in Texas, su tre casi di abusi su minori commessi da un seminarista colombiano, si avvalse dell´immunità diplomatica in quanto nel frattempo era diventato papa ed evitò così di andare a deporre. L´episodio è ricordato nel libro ´Il peccato nascosto´, di autore anonimo, pubblicato in questi giorni. L´avvocato Daniel Shea, che assisteva la parte lesa, denunciò l´allora prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede sulla base di due documenti che istruiscono il clero su come trattare i casi di abusi e violenze su minori. Il primo é il Crimen Sollicitationis, del 1962. Il secondo è la lettera De delictis gravioribus, redatta nel 2001 e indirizzata a tutte le gerarchie ecclesiastiche. Il testo, firmato proprio da Ratzinger, modifica quello del 1962, e in un passaggio afferma che i casi di delitti più gravi, tra cui gli abusi sui minori, “sono soggetti al segreto pontificio” nella normativa canonica. La lettera, secondo l´accusa di Shea, costituiva un intralcio alla giustizia ordinaria. Denunciato nel gennaio 2005, Ratzinger nell´aprile dello stesso anno divenne papa. La Santa Sede chiese e ottenne così dal governo degli Stati Uniti l´immunità diplomatica per il pontefice, in quanto capo di Stato. Il processo in cui fu chiamato a deporre Joseph Ratzinger era presieduto dal giudice Lee Rosenthal ed era stato intentato a Harris County, in Texas, contro un seminarista colombiano, Juan carlos Patino-Arango, sospettato di molestie sessuali ai danni di tre ragazzi negli anni Novanta. L´avvocato difensore delle tre vittime, Daniel Shea, aveva scoperto che il seminarista, poco dopo l´inizio della causa, era fuggito e che i responsabili della diocesi avevano coperto i suoi misfatti. Nel corso del processo Shea citò in giudizio Joseph Ratzinger in quanto, firmando la lettera De delictis gravioribus, diretta alla gerarchia della Chiesa cattolica universale e quindi anche alle arcidiocesi statunitensi, “ostacolava pervicacemente” le indagini della giustizia ordinaria sugli abusi sessuali ad opera di preti. Secondo l´avvocato di Houston, quindi, alla radice della mancata denuncia del seminarista da parte della diocesi texana, c´erano proprio le istruzioni impartite dalla Santa Sede e firmate da Ratzinger. Chiamato a deporre oltreoceano, Ratzinger evitò tuttavia di recarsi al tribunale di Harris County: non appena fu eletto al soglio pontificio, i suoi legali chiesero di accordare al nuovo pontefice l´immunità diplomatica in quanto capo di uno Stato sovrano, la Città del Vaticano. Il dipartimento di Stato americano accolse la richiesta e, con una decisione firmata dall´allora presidente degli Usa George Bush e motivata dal viceprocuratore federale Peter Keisler, dichiarò Ratzinger non processabile. Secondo Keisler, il procedimento giudiziario contro il pontefice sarebbe stato “incompatibile con gli interessi di politica estera degli Usa”.
Fonte: http://adiantum.it/public/318-prima-di-diventare-papa,-ratzinger–evit%C3%B2-un-processo-in-usa-grazie-all%C2%B4immunit%C3%A0.asp
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Video Caricato il Jan 7, 2012
ll documentario “Unrepentant: Kevin Annett and Canadas Genocide” descrive la storia personale di Kevin Annett quando, nelle veste di reverendo, si è scontrato con la Chiesa Unita a causa del suo interessarsi ai fatti accaduti nelle scuole residenziali canadesi e al genocidio commesso dai responsabili religiosi di queste scuole, dove centinaia di migliaia di bambini Nativi sono stati rinchiusi, dopo essere stati rapiti alle famiglie e costretti a parlare solo inglese, a dimenticare la propria cultura e a professare la religione cristiana.
Qui hanno subito violenze fisiche e sessuali, elettroshock, sterilizzazioni e, nella maggior parte dei casi, la morte. Il film ha ricevuto numerosi premi, al New York Independent Film and Video Festival nel 2006 e come miglior documentario al Los Angeles Independent Film Festival nel marzo 2007. Questa versione sottotitolata in italiano è frutto di un lavoro di numerose persone, in primo luogo Kevin Annett, Nativi Americani.it e Stefania Pontone, Cristina Merlo, Vittorio Delle Fratte, White Tara Production.
Visita il sito: www.nativiamericani.it
Fonte: www.arcoiris.tv www.protegeatushijos.org www.crescendoingracia.com www.telegracia.com www.netgracia.com
Qui il video-documentario completo, sottotitolato il Italiano.
IL FUMO DI SATANA NEL TEMPIO DI DIO
[26]Non li temete dunque, poiché non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato.
[27]Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti.
Mt. 10,26
[6]Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.
[7]Guai al mondo per gli scandali! E` inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
[8]Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.
[9]E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
[10]Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
Mt 18,6
“Attraverso qualche fessura il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”.
Paolo VI – 29 giugno del 1972
Ho appena terminato la lettura del libro “Fumo di satana in Vaticano”[1] scritto dai Millenari (uno pseudonimo in cui si nasconde un gruppo di prelati della Curia romana). Questo volume può essere considerato il seguito del best seller “Via col vento in Vaticano”[2], sempre degli stessi autori.
I due volumi descrivono le miserie umane che riguardano anche gli uomini di chiesa a vari livelli i quali, in quanto uomini, sono soggetti alla tentazione, al peccato ed all’inferno nei casi di impenitenza finale. “Niente di nuovo sotto il sole”, come ci insegna il Qoelet, “quel che è stato sarà” (1,9); l’Onnipotente ogni tanto suscita dei personaggi del calibro di San Francesco d’Assisi, di S. Antonio da Padova, di Padre Pio ecc. ognuno dei quali compensa migliaia di preti peccatori e rimedia ai loro disastri. Tuttavia nella parte finale del “Fumo di satana in Vaticano”, dopo i paragrafi dedicati all’adorazione di Mammona, c’è un intero capitolo dedicato all’omessualità ed alla copertura dei relativi scandali praticata da diversi prelati anche di alto rango, con alcune chiare allusioni, per cui non è difficile intuirne i protagonisti. Pure in tal caso “Niente di nuovo sotto il sole”; Gesù ha sudato sangue anche per loro; come la Madonna che ha pianto lacrime di sangue nelle mani di un vescovo ex incredulo, pure per quanti non vogliono riconoscerne il prodigio. E leggendo tali libri diventa facile arguirlo. Ad un certo punto del volume si parla inoltre di stupri, violenze sessuali, ricatti sessuali ed istigazione all’aborto effettuati da preti e missionari nei confronti di suore con relativo contorno di AIDS, omertà, disinteresse, censura ecc. Preti che sfruttano sessualmente le suore per paura di contrarre l’AIDS che è un castigo di Dio, come affermato a suo tempo dal Cardinal Siri (deriso e criticato aspramente anche all’interno della Chiesa) e confermato dal diavolo in un recente caso d’esorcismo. Le testimonianze riportate al riguardo non parlano però di casi isolati, ma denunciano tali “pratiche” diffuse in diversi paesi. A sostegno di ciò i Millenari riportano persino una risoluzione del Parlamento Europeo dell’aprile del 2001 che mi sono preso la briga d’andare a controllare e che riporto integralmente. Tale risoluzione è consultabile sul sito del Parlamento Europeo nel seguente link
europa.eu.int/eur-lex/it/dat/2002/ce021/ce02120020124it0353…
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee C 21 E/353
19. Diritti umani: Atti di violenza contro religiose cattoliche
Risoluzione del Parlamento europeo sulle violenze sessuali ai danni delle donne e in particolare di religiose cattoliche
Il Parlamento europeo,
— visti la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo,
— vista la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
— vista la sua risoluzione del 1 6 settembre 1997 sulla necessità di organizzare una campagna a livello dell’Unione europea per la totale intransigenza nei confronti della violenza contro le donne (1),
— vista la sua risoluzione del 10 marzo 1999 sulla violenza contro le donne e il programma Daphne (2),
— vista la Convenzione delle Nazioni unite sull’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione contro le donne,
A. ribadendo la ferma condanna — sua e delle altre istituzioni comunitarie — di qualsiasi forma di violenza ai danni delle donne e in particolare degli abusi sessuali,
B. vivamente preoccupato per il contenuto di un rapporto comparso nella rivista americana “National Catholic Reporter”, in cui si segnalano numerosi casi di stupro, in almeno 23 paesi, commessi da preti nei confronti di religiose cattoliche,
C. considerando che la Santa Sede ha confermato di essere a conoscenza di casi di stupro e di abusi sessuali ai danni di donne, e anche di suore, da parte di preti cattolici, stante il fatto che dopo il 1994 sono stati trasmessi al Vaticano almeno cinque rapporti su questo tema,
D. considerando che malgrado i responsabili ufficiali fossero stati correttamente informati circa queste violazioni dei diritti umani, gli stessi non hanno reagito come avrebbero dovuto,
E. sottolineando che, secondo questi rapporti, numerose religiose stuprate sono state anche costrette ad abortire, a dimettersi e, in taluni casi, sono state infettate dall’HIV/AIDS,
F prendendo atto delle dichiarazioni del portavoce del Vaticano, Jjoaquin Navarro Valls, il quale ha affermato che “il problema è noto ma è geograficamente limitato”, ma sottolineando che, al contrario, questo fenomeno si estende ben al di là dell’Africa,
G. rammentando che l’abuso sessuale costituisce un reato contro la persona umana e che gli autori di questi reati devono essere consegnati alla giustizia,
1. condanna ogni violazione dei diritti della donna nonché gli atti di violenza sessuale, in particolare nei confronti di religiose cattoliche ed esprime la sua solidarietà alle vittime;
2. chiede che gli autori di questi reati vengano arrestati e giudicati in tribunale; chiede alle autorità giudiziarie dei 23 paesi citati nei rapporti di garantire che sia fatta piena luce in termini giudiziari su questi casi di violenza nei confronti delle donne;
3. chiede alla Santa Sede di considerare seriamente tutte le accuse di abusi sessuali commessi all’interno delle proprie organizzazioni, di cooperare con le autorità giudiziarie e di rimuovere i responsabili da qualsiasi incarico ufficiale;
4. chiede alla Santa Sede di reintegrare le religiose che sono state destituite dai loro incarichi per aver richiamato l’attenzione delle loro autorità su questi abusi e di fornire alle vittime la necessaria protezione e compensazione per le discriminazioni di cui potrebbero essere successivamente oggetto;
5. chiede che sia reso pubblico il contenuto integrale dei cinque rapporti citati dal “National Catholic Reporter”
6. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alle autorità della Santa Sede, al Consiglio d’Europa, alla Commissione per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, ai governi del Botswana, del Burundi, del Brasile, della Colombia, del Ghana, dell’india, dell’irlanda, dell’italia, del Kenya, del Lesotho, del Malawi, della Nigeria, della Papua Nuova Guinea, delle Filippine, del Sudafrica, della Sierra Leone, dell’Uganda, della Tanzania, di Tonga, degli Stati Uniti d’America, dello Zambia, della Repubblica democratica del Congo e dello Zimbabwe.
In tale libro ce n’è abbastanza per procurare conati di vomito anche agli stomaci più forti e tappandosi il naso si riesce a leggerlo fino in fondo. Qual è l’utilità dei due libri? Si chiederanno in molti.
Innanzitutto lo Spirito Santo ci insegna “…Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.” (1 Tes. 5,20) e tali libri servono ad aprire gli occhi su certe realtà, a far capire certi andazzi anche teologici; certe avversioni alle preghiere di guarigione-liberazione, agli esorcismi (suggerisco al riguardo l’interessante lettura di un’intervista fatta a Padre Amorth), ai miracoli, alle eclatanti apparizioni mariane; alle predicazioni contro l’adulterio, l’aborto, la pornografia, l’omosessualità ecc. E di contro invece la propensione ai confessionali senza grata o, addirittura in certi casi, in stanze private. Si riesce quindi a capire come mai un noto scrittore abbia affermato, durante una trasmissione televisiva a diffusione nazionale, “Tutti i preti sono culatoni!” (oltre ad altre sconcertanti frasi!) senza che gli interessati lo querelassero! Non solo, ma senza che mi appoggiassero nella battaglia giudiziaria da me intrapresa contro il medesimo.
La Madonna che da Medjugorje invita tutti i credenti a pregare, a leggere e vivere la Parola di Dio (e non quella degli uomini!), ad accostarsi con frequenza ai Sacramenti, a digiunare (soprattutto dal peccato) ecc. provoca allergie e crisi di rigetto da parte dei protagonisti dei libri in oggetto et similia. Mi pare ovvio!
Ma questi libri sono la prova matematica dell’esistenza di Dio. Nessun organismo prettamente umano potrebbe, infatti, sopravvivere poco più d’una manciata di anni con certi andazzi che si ripetono con cadenza ciclica nel corso dei secoli. Solo la Chiesa che ha per capo Gesù, e gode del suo sostegno, perdura da duemila anni a fronte ad esempio di un comunismo, il quale pareva inarrestabile ed indistruttibile, ed è invece durato una settantina d’anni.
Un cardinale disse a Napoleone “Ma come? Lei vuole distruggere la Chiesa? Non ci siamo riusciti noi dall’interno in quasi duemila anni e ce l’abbiamo messa tutta! Ci vuol riuscire lei dall’esterno?”
centrosardegna
Tuesday, August 28, 2007 7:41 PM
Suore molestate e violentate
Preti che molestano suore, preti che abusano di suore, preti che costringono ad abortire le monache con cui hanno avuto rapporti sessuali. Emergono dagli archivi della Chiesa le denunce su un fenomeno che abbraccia i cinque continenti e che sino ad ora 蠳tato soffocato sotto la coltre del silenzio.
Le denunce sono precise, firmate con nome e cognome e presentate a pi?rese durante gli anni Novanta, alle istanze maggiori della Chiesa: la Congregazione vaticana per la vita consacrata, le riunioni dei Superiori degli ordini religiosi, varie Conferenze episcopali.
Il 18 febbraio 1995 un rapporto viene consegnato al cardinale Martinez Somalo, prefetto della Congregazione vaticana per la vita consacrata. E’ un pugno nello stomaco. Si parla di suore sfruttate sessualmente, sedotte e spesso violentate da preti e missionari.
Messo in allarme il cardinale Martinez Somalo, incarica un gruppo di lavoro della Congregazione di approfondire la questione con suor Maria O’ Donohue, autrice del rapporto e coordinatrice per conto della Caritas internazionale e dell’agenzia Cafod (Fondo cattolico per lo sviluppo oltremare) i programmi sull’Aids. Le sue denunce in Vaticano sono agghiaccianti. “Gli abusi sono diffusi”, racconta, le segnalazioni molteplici. Aspiranti alla vita religiose violentate dal prete cui portano i certificati necessari. Medici di ospedali cattolici avvicinati da preti che portano “ad abortire suore e altre giovani donne”.
Fedeli allarmati per gli abusi. Nello shock dei monsignori presenti, suor O’Donohue evoca la storia di un “prete che spinge una suora ad abortire, lei muore e lui celebra ufficialmente la messa requiem” per la sventurata.
Molti casi vengono riportati dall’Africa dove la cultura non favorisce il celibato e dove per tradizione 蠢impossibile per una donna o un’adolescente dire no ad un uomo, specie ad un anziano e particolarmente ad un sacerdote”.
Ma gli esempi di abuso vengono da tutto il mondo. Suor O’Donahue ha lavorato sodo per mesi ed anni. Giࠠnel 1994 ha trasmesso alle autoritࠠecclesiastiche un rapporto in cui informa che con l’espandersi dell’Aids le suore sono state identificate anche da preti come gruppo “sicuro” dal punto di vista sanitario e quindi oggetto di richieste sessuali. Certi preti le cercano proprio “per timore di contrarre l’Aids con prostitute”.
In una nazione la superiora di una comunitࠠdi suore 蠳tata avvicinata nel 1991 da preti che le chiedevano di poter usufruire dei favori sessuali delle sue monache. Purtroppo 蠰iuttosto diffuso il fenomeno di “preti ed esponenti della gerarchia ecclesiastica che (cos젶iene riportato) abusano del loro potere e tradiscono la fiducia di suore coinvolte in relazioni sessuali di sfruttamento”. Accade spesso che preti invitino le suore a prendere la pillola. Poi succede, invece, che in una comunitࠠventi suore si trovino incinte contemporaneamente. Ma accade anche che le autoritࠠecclesiastiche locali siano sorde alle denunce.
In un caso citato – 29 suore rese gravide dai preti di una diocesi – la superiora chiese invano l’intervento del vescovo. Fu, invece, “rimossa dal vescovo” e rimpiazzata da un’altra. L’appello alle istanze ecclesiastiche superiori non ebbe seguito.
Testimonianze di abusi, ha dichiarato suor O’Donahue, vengono da 23 paesi del mondo: dal Burundi al Brasile, dalla Colombia all’India, dall’Irlanda, all’Italia, alla Nuova Guinea, alle Filippine, agli Stati Uniti. Le sue denunce, raccolte dal National Catholic Reporter in America e in Italia dall’agenzia Adista (che le metterࠠpresto on line), non nascono da posizioni femministe – che lei respinge – ma esigono dal Vaticano un intervento educativo a tutti i livelli. Nel 1998 anche la superiore religiosa suor Marie Mc Donald ha presentato un suo rapporto, gettando luce su “molestie sessuali e stupri perpetrati da preti e vescovi”.
Il Vaticano sta monitorando il fenomeno, sensibilizza discretamente i vescovi, ma non risultano atti ufficiali in cui il grave problema sia affrontato direttamente. “Per quanto io ne sappia, non 蠳tata disposta alcuna ispezione”, afferma suor Mc Donald, superiore della Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa. Le strategie dello sfruttamento sono varie, spiega: “Suore diventate finanziariamente dipendenti da preti, che possono chiedere in cambio favori sessuali” oppure preti che da direttori spirituali o confessori estorcono rapporti di sesso. “La cospirazione del silenzio – aggiunge – contribuisce al problema. Solo se lo affronteremo insieme, riusciremo a trovare le soluzioni”.
Luciani voleva riformare le finanze vaticane e, sicuramente, voleva anche cambiare alcuni amministratori.
Due articoli apripista che cercavano di elencare “I beni del Vaticano” (e questo era anche il titolo di copertina) apparvero nel gennaio del 1977 sul settimanale “L’Europeo”, allora di proprietà della Rizzoli. Il giornalista Paolo Ojetti scrisse un primo lungo articolo (da pagina 32 a pagina 37 e con un appendice documentaria di sette pagine) in cui sosteneva che “un quarto di Roma, forse il migliore, è nelle mani del Vaticano”. Forse per la prima volta Paolo Ojetti (per caso, come specifica) ha pubblicato la ragione sociale di cinque società immobiliari che avevano sede a Roma, ma che erano di proprietà della “Santa” Sede. Gli articoli di Ojetti provocarono un gran rumore (soprattutto perché il Parlamento si apprestava ad affrontare il dibattito riguardante la bozza di un nuovo Concordato), ed alla fine Gianluigi Melega, neo-direttore del settimanale, venne licenziato.
Le principali società immobiliari e/o finanziarie di proprietà del Vaticano che a Roma gestiscono il “potere temporale” – punta di un iceberg ben più grande – sono immobiliari costituite nell’immediato dopo guerra.
Di alcune il socio di riferimento è la banca vaticana, o Ior, che per anni è stata amministrata dal chiacchieratissimo monsignore Paul Casmir Marcinkus, dai chiacchierati Luigi Mennini (uomo d’affari del Vaticano) e Pellegrino de Strobel. Un’altra buona parte di società immobiliari fanno capo alla “Fondazione Apostolicam Actuositatem” che controlla due finanziarie (Aufin e Società di Coordinamento), le quali a loro volta controllano una decina di società.
Il terzo gruppo di società è generalmente riconducibile alla Chiesa di Roma soprattutto perché all’interno dei consigli d’amministrazione siedono personaggi del Vaticano.
Il cambio Lucani- Wojtyla giovò non poco a Marcinkus… Che Papa Wojtyla volesse far cadere il regime comunista nella sua cattolicissima Polonia lo sapevano in molti, soprattutto i servizi segreti sovietici.Con il denaro dello ior il Vaticano finanziò “Solidarnosc” di Walesa che alla lunga riuscì a porre fine al regime comunista in Polonia. Dopo la democratizzazione di questo Paese seguì a catena la caduta dei regimi degli altri Paesi satelliti dell’Urss.
Naturalmente tutto questo era avvenuto senza che Cosa Nostra ne sapesse niente: aveva affidato i suoi “risparmi” a Calvi perché li facesse fruttare, non perché li desse a Marcinkus e da lì a “Solidarnosc”. E fu così che anche Calvi fece la fine di Sindona e venne trovato penzolante da una corda sotto il ponte dei “Frati neri” sul Tamigi. A distanza di venti anni s’è capito che quello non era suicidio, bensì un delitto di mafia, forse affidato da Cosa Nostra siciliana alla camorra, e in particolare a quel Vincenzo Casillo che poi saltò in aria con la sua auto a Roma. Meglio togliere di mezzo testimoni pericolosi.
Al di sopra di questo sordido traffico sotterraneo di miliardi della mafia c’era però il più alto contesto politico, la Storia che cambiava. E fu allora che il Kgb decise di uccidere Wojtyla . Per non agire direttamente chiese l’intervento dei servizi segreti bulgari, i quali fecero pressione sui colleghi turchi affinché si trovasse un killer disposto a sparare al Papa. Era Alì Agca, condannato a morte, un mistico fanatico dalla mira infallibile. Agca venne fatto evadere da un carcere di massima sicurezza, venne aiutato dai “lupi grigi” di Oral Celik, nelle sue peregrinazioni passò anche da una locanda di Palermo e il 13 maggio 1981, festa della Madonna di Fatima, si presentò con la pistola in pugno davanti al Papa. Il killer turco stavolta sbagliò mira (la Madonna di Fatima volle salvare Wojtyla?Il terzo segreto di Fatima?No… semplicemente l’ennesimo “miracolo” di Marcinkus!).
In questo grandioso scenario politico, accorgersi che la mafia fu gabbata e che i soldi del diavolo finirono non in crusca, ma forse servirono per operazioni contro i nemici della Cristianità fa un certo effetto a volerci pensare. In fondo i mafiosi senza saperlo sono stati anche in questo caso anticomunisti come volevano essere.
In definitiva: morti Lucani, Calvi, Sindona, Pecorelli…e il nostro buon Marcinkus?Beh, con sentenza della corte suprema dell’87 non fu processato…per l’extraterritorrialità del Vaticano…
IL DENARO DELLA MAFIA
CONTRO L’ URSS ?
L’oro della mafia contro Mosca?
Sindona e Calvi, due banchieri (poi uccisi dai boss), diedero soldi allo Ior che finanziava la rivolta in Polonia.
Ecco come la mafia siciliana contribuì, inconsapevolmente, alla caduta del regime comunista. Sembra il titolo di un “giallo” di fantasia, ma approfondendo si vedrà che ci sono molti punti di contatto con la realtà. Il fatto è che tutti noi abbiamo sotto gli occhi gli eventi, ma li vediamo in maniera spezzettata, contingente, senza avere la capacità di legarli insieme in un contesto, anche perché si tratta di episodi apparentemente senza relazione tra loro. La mafia sembra troppo distante dalla grande finanza, dal Vaticano e dai conflitti internazionali: e invece non è così.
Diciamo che la storia comincia all’incirca negli anni ’70 quando Cosa Nostra prende a trafficare droga, a mettere su le raffinerie (molte in via Messina Marine a Palermo) e a far soldi a palate. Questa montagna di denaro dev’essere investita, una parte va nelle banche svizzere, un’altra ancora in Borsa e agli insediamenti turistici fuori dalla Sicilia, un’altra parte viene affidata al banchiere di Patti Michele Sindona. Quando fa bancarotta nonostante il tentativo di salvataggio di Andreotti, Sindona viene arrestato e poi ucciso nel supercarcere di Voghera con un caffè all’arsenico: come anni addietro all’Ucciardone era capitato a Gaspare Pisciotta, l’uccisore di Salvatore Giuliano.
Sparito dalla scena Sindona, Cosa Nostra era alla ricerca di un banchiere importante e più affidabile di Sindona che potesse investire bene il suo denaro, ed ecco spuntare Roberto Calvi che da semplice “ragiunatt” era diventato presidente del potente Banco Ambrosiano.
Calvi, il “banchiere dagli occhi di ghiaccio”, sembrava l’uomo giusto e i fiumi di denaro della droga finirono all’Ambrosiano. Del resto “pecunia non olet” e nessuno potrà mai provare con certezza che quel denaro affluito al vecchio Ambrosiano era di Cosa Nostra.
Ma Calvi era un ambizioso irrefrenabile, pensava che legandosi al Vaticano, ed esattamente allo Ior, l’istituto bancario della Santa Sede gestito da mons. Marcinkus, avrebbe avuto porte aperte in tutto il mondo e ottenere protezione dai partiti politici italiani. Fu così che centinaia e centinaia di miliardi passarono dall’Ambrosiano allo Ior: e in mezzo a questo denaro c’era anche quello sporco. Con questo denaro il Vaticano finanziò “Solidarnosc” di Walesa che alla lunga riuscì a porre fine al regime comunista in Polonia. Dopo la democratizzazione di questo Paese seguì a catena la caduta dei regimi degli altri Paesi satelliti dell’Urss.
Naturalmente tutto questo era avvenuto senza che Cosa Nostra ne sapesse niente: aveva affidato i suoi “risparmi” a Calvi perché li facesse fruttare, non perché li desse a Marcinkus e da lì a “Solidarnosc”. E fu così che anche Calvi fece la fine di Sindona e venne trovato penzolante da una corda sotto il ponte dei “Frati neri” sul Tamigi. A distanza di venti anni s’è capito che quello non era suicidio, bensì un delitto di mafia, forse affidato da Cosa Nostra siciliana alla camorra, e in particolare a quel Vincenzo Casillo che poi saltò in aria con la sua auto a Roma. Meglio togliere di mezzo testimoni pericolosi.
Al di sopra di questo sordido traffico sotterraneo di miliardi della mafia c’era però il più alto contesto politico, la Storia che cambiava. Che Papa Wojtyla volesse far cadere il regime comunista nella sua cattolicissima Polonia lo sapevano in molti, soprattutto i servizi segreti sovietici. E fu allora che il Kgb decise di ucciderlo. Per non agire direttamente chiese l’intervento dei servizi segreti bulgari, i quali fecero pressione sui colleghi turchi affinché si trovasse un killer disposto a sparare al Papa. Era Alì Agca, condannato a morte, un mistico fanatico dalla mira infallibile. Agca venne fatto evadere da un carcere di massima sicurezza, venne aiutato dai “lupi grigi” di Oral Celik, nelle sue peregrinazioni passò anche da una locanda di Palermo e il 13 maggio 1981, festa della Madonna di Fatima, si presentò con la pistola in pugno davanti al Papa. Il killer turco stavolta sbagliò mira, forse veramente la Madonna volle salvare Wojtyla per consentirgli di completare la sua missione in Terra.
In questo grandioso scenario politico, accorgersi che la mafia fu gabbata e che i soldi del diavolo finirono non in crusca, ma forse servirono per operazioni contro i nemici della Cristianità fa un certo effetto a volerci pensare. In fondo i mafiosi senza saperlo sono stati anche in questo caso anticomunisti come volevano essere. Curiosa la vita.
NOTE E APPUNTI RISERVATI DI ANTONIO TATÓ ED ENRICO BERLINGUER
Il primato della morale sulla politica
L’inizio della fine della Prima Repubblica
La questione socialista entrò in modo preponderante all’interno del dibattito del Pci. I diversi punti di vista dei dirigenti comunisti su Bettino Craxi acuiva lo scontro interno. Antonio Tatò chiedeva con insistenza a Berlinguer la resa dei conti con la destra amendoliana per rafforzare la di lui segreteria e linea politica. Il compito del leader comunista non era per nulla facile, dato che la presenza “socialdemocratica” nel partito, nel sindacato e negli organismi unitari di massa era molto radicata. Da dove doveva partire Berlinguer per iniziare, secondo il suo collaboratore, a smantellare l’amendolismo sinonimo di socialdemocrazia?
In primo luogo, dalla politica economica tutta incentrata sull’inflazione le cui cause ed effetti sociali e politici venivano trascurati dagli eredi di Giorgio Amendola. In questa ottica bisognava muovere l’attacco, perché analizzando la struttura dell’inflazione si capiva dove stava il marcio. E il marcio stava nella spesa sociale alle stelle, rea di aver creato quel che veniva chiamato comunemente Stato assistenziale. E la lotta contro lo Stato assistenziale non era altro che la lotta contro la Dc. In forza di questa ferma convinzione Tatò spingeva Berlinguer a dare una spallata per far cadere il governo Forlani, “un governo di pasticcioni, di imbecilli, di avventurieri, di dissipatori, di ladri e corrotti”. Basta e avanza.
Le colpe maggiori della stretta economica, Antonio Tatò le faceva cadere sul ministro Beniamino Andreatta la cui politica monetarista si faceva sentire pesantemente sulle masse lavoratrici. Mentre il ministro Dc portava avanti la sua politica antipopolare, i ministri socialisti mantenevano “aperta la valvola per spendere i soldi allo stesso modo improvvido di prima”. Costi quel che costi, bisognava invertire questa rotta sciagurata, portatrice di processi di disgregazione della società e delle istituzioni statali. La sua preoccupazione era tale per cui scriveva: “Non possiamo lasciargli fare quello che vogliono, non possiamo aspettare che si logorino ancora di più: si logora tutto, si sfascia il paese, e l’elettorato non credo che possa premiarci per la nostra cautela, per i nostri calcoli a breve, per la nostra pigrizia politica. Il paragone con gli altri partiti, per interrompere l’opera sciagurata…”.
Tuttavia, il governo Forlani non cadde per la sua politica economica, sebbene i contrasti tra la Malfa e Andreatta fossero all’ordine del giorno, ma per la scoperta degli elenchi della Loggia P2 di Licio Gelli. (Alla fine degli anni Settanta, si scoprì che in Italia vi era una potente e seguita Loggia massonica che aveva un “burattinaio”, Licio Gelli, il quale aveva organizzato una rete di potere composta dai massimi vertici delle Forze Armate, dei Servizi Segreti, dell’alta finanza, dell’impresa pubblica e privata, dell’informazione, della magistratura e della politica. Vediamo come definiva la “lobby” di Gelli, Eugenio Scalfari nel libro “L’Italia della P2”: “I campi di attività erano essenzialmente quattro: tangenti, prelevate su affari conclusi da Enti e industrie pubbliche, controllo del credito bancario, illecite esportazioni di valuta, collocamento degli adepti al vertice delle rispettive carriere. L’intervento della P2 era possibile e fruttuoso in ciascuno di questi settori, in quanto ad essi corrispondevano, e corrispondono, altrettante storture della struttura statuale.(…). Il sistema delle tangenti sugli appalti, sui contratti di commesse, sulle licenze e sulle autorizzazioni, sui mutui accordati da istituti di credito pubblici, sulle deliberazioni del governo in materia di prezzi, tariffe e crediti agevolati. (…). I prelievi avvengono di fatto alla luce del sole, sulla base di percentuali prestabilite. E gli esattori li motivano con finalità di finanziare partiti e correnti di partito”. Al di là dei nomi degli affiliati alla Loggia P2 che, certamente, sono importanti per il loro peso nella vita pubblica italiana, a noi interessa conoscere, invece, l’altra faccia della medaglia: perché esplode l’affaire P2 e perché va a finire nelle mani dei magistrati Colombo e Turone della Procura di Milano? Tutto partì, come sempre, dagli Stati Uniti: indagando su Sindona, si arrivò al “materassaio” di Arezzo. L’affaire scoppiò per volontà dell’establishment americano che non vedeva di buon occhio una serie di attività della P2, in special modo il traffico delle armi e gli affari nel campo petrolifero. La P2 svolgeva una politica filoaraba non gradita agli Usa. Quando la Cia venne in possesso della notizia che alcuni personaggi chiave piduisti avevano fornito ad alcuni Paesi arabi informazioni e documenti riservati della Nato, fu la volta buona che gli americani scaricarono Gelli e la P2. Il Pci, sulla vicenda P2, era dentro come un topo nel formaggio, anche se su questo terreno pur di fronte all’evidenza ha sempre negato e fatto la voce grossa per confondere le acque e per zittire gli avversari. Il Partito comunista rientrava nella politica “spartitoria” nazionale attraverso il consociativismo, i suoi interessi erano molteplici in diverse attività: da quelle petrolifere e metanifere di provenienza sovietica a quelle dell’informazione, da quelle dell’import-export con i Paesi dell’est a quelle dei Servizi Segreti).
Craxi, rifiutando di partecipare a un vertice indetto dal Presidente Forlani, l’ennesima verifica delle forze della coalizione, segnò la fine del governo. Il reincarico a Forlani non ebbe molto fortuna. Infatti, il Presidente incaricato seguì il consiglio di Berlinguer, che lo rimproverava di perdere tempo, e dopo pochi giorni egli desistette dal formare l’esecutivo.
A questo punto, il Capo dello Stato, Sandro Pertini, pensò alla soluzione laica.
Dopo Leo Valiani e Bruno Visentini, emerse il nome di Giovanni Spadolini, a cui andavano non solo l’appoggio dei cinque partiti, Dc, Psi, Pli, Pri e Psdi, ma anche quello dei cosiddetti “poteri forti”, i settori molto ampi dell’economia, dell’informazione e della cultura.
Il tentativo del leader repubblicano riusciva in pieno e la Dc perdeva la presidenza del consiglio.
Il pentapartito di Spadolini contava su una forte e larga maggioranza a prova di bomba.
L’esperienza governativa servì a Spadolini per aumentare la sua popolarità.
In pieno agosto del 1981 i franchi tiratori democristiani contribuivano alla bocciatura di un decreto di Rino Formica, ministro delle Finanze, in continua polemica con Nino Andreatta, sulle questioni riguardanti la riduzione degli agi fiscali e delle agevolazioni ai petrolieri. Il Psi, che puntava alle elezioni anticipate in ottobre, ritirava la delegazione socialista, ma davanti alle molteplici difficoltà che non permettevano di portare a caso lo scioglimento delle Camere, si piegava di fronte alla realtà e permetteva a Spadolini una riedizione del governo identico al precedente. Era un successo della Dc, che voleva tempo per organizzarsi. Ma la lite tra “comari”, Formica e Andreatta, faceva precipitare la crisi di governo nel mese di novembre del 1982.
Lo scorrere degli avvenimenti era convulso nel luglio del 1981 in Italia e in particolar modo nella casa comunista di Via delle Botteghe Oscure.
Alla luce dello scandalo del Banco Ambrosiano, il presidente Guido Calvi venne arrestato e, dopo un mese e mezzo di carcere nel penitenziario di Lodi, il 22 luglio del 1981 fu scarcerato. (Il banchiere Calvi finanziò tutti i partiti compreso il Pci di Berlinguer la cui somma ricevuta si aggirava a circa 20 miliardi di lire. Questa somma, che passava come prestito per pagare i debiti del quotidiano “Paese Sera”, non è mai risultata restituita come il Pci aveva assicurato, perché era un finanziamento di Calvi per essere sostenuto politicamente. Il Banco Ambrosiano, noto come “Banca dei preti”, era impersonato, più nel male che nel bene, da Guido Calvi, piduista, legato anche ad ambienti della malavita, spregiudicato finanziere senza scrupoli nella gestione del banco, al quale aveva procurato un crac attraverso delle operazioni illegali. Calvi, come Sindona, era in rapporti stretti con la finanza cattolica, precisamente con monsignor Marcinkus, capo dello Ior. A questo punto, è d’obbligo una precisazione che riguarda il passato della finanza cattolica. In tutti gli scandali finanziari è stato sempre presente il Vaticano e, guarda caso, sempre con lo Ior: l’altro ieri con Sindona e Calvi e ieri in quello Enimont. E in ogni affaire, il Vaticano, però, se la passa franca e i suoi vertici finanziari non sono mai stati tirati in ballo più di tanto nei processi giudiziari).
Mentre in Italia stavano accadendo una serie di scandali (di cui sopra), Berlinguer, intervistato da Scalfari per “la Repubblica”, attaccava, senza mai menzionarlo, il Psi di Craxi la cui posizione in quel momento non era di certo tra le più felici, visto che era al centro di uno stillicidio di scandali; inoltre, sul caso P2, invece di tenere una posizione accusatoria, aveva assunto quella assolutoria e, nello stesso tempo, si era levato in difesa del banchiere Roberto Calvi. Più o meno, cominciarono da quel periodo gli attacchi socialisti alla magistratura.
In piena bufera giudiziaria, il direttore de “la Repubblica”, Eugenio Scalfari, andò a intervistare Berlinguer appunto in quei giorni e alle domande incalzanti del giornalista il leader comunista rispondeva in modo, diciamo così, giacobino. Ne usciva una requisitoria aspra contro i partiti della pregiudiziale anticomunista, “tutti parimenti crocefissi”: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società, della gente: idee, ideali, programmi pochi o vaghi; sentimenti e passioni civile, zero. Gestiscono interessi i più disparati, i più contradditori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli senza perseguire il bene comune (…). I partiti hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai-Tv, alcuni grandi giornali (…). E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito e della corrente o del clan cui si deve la carica”.
Eugenio Scalfari gli pose una domanda precisa: “Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?”.
E Berlinguer di rimando rispose: “La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia di oggi, secondo noi comunisti, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati”.
Apriti cielo! La reazione fu assai risentita, in special modo i partiti di governo lo contestarono. In verità, pure all’interno del Pci molti storsero il naso perché Berlinguer fece d’ogni erba un fascio. Inutile dire che fu criticata la radicalità del pensiero berlingueriano, l’immagine che lui dava del Pci incentrata sulla diversità e la mancata distinzione tra la Dc e il Psi, a scapito della stessa linea politica di alternativa democratica. Come si sarebbe potuta costruire se, parimenti, i partiti di destra e di sinistra venivano messi sul banco degli accusati?
Nello stesso tempo, se Berlinguer puntava l’indice accusatorio nei confronti del Psi non poteva pretendere da questo di essere al centro dell’alleanza per il rinnovamento del paese. Una cosa era il Psi, un’altra la Dc reale macchina di potere e di clientele, senza alcun ideale e passione civile, promotore e gestore di interessi affaristici non sempre chiari.
Enrico Berlinguer fotografava esattamente quel marcio che c’era nella vita politica italiana. Non a caso, circa un decennio dopo la Prima Repubblica crollò per via giudiziaria. Seppure l’analisi berlingueriana non facesse una piega, il Pci aveva le carte in regola per tirarsi fuori e far cadere le responsabilità soltanto sui partiti di governo? Neanche per sogno. Anche durante la gestione di Berlinguer, il Pci veniva finanziato a mansalva dal Pcus e, per dipiù, era lo snodo di tutti gli affari tra l’Italia e l’Europa dell’Est e l’Unione Sovietica inclusa, come a tempi dei segretari precedenti, Togliatti e Longo. Fino a prova contraria, l’Urss era uno stato straniero e, per giunta, nemico. Vero è che nel periodo dello strappo tra Pci e Pcus, il finanziamento sovietico non arrivò a fiumi, ma è pur vero che in quel preciso periodo, che coincide più o meno con il governo di solidarietà nazionale, il Pci iniziò con la Lega delle Cooperative prima e poi direttamente in prima persona a entrare nel sistema “spartitorio” dei finanziamenti illegali. Per dirla tutta, c’era sempre stato in quel sistema.
In vista del discorso di chiusura della Festa nazionale dell’“Unità”, domenica 20 settembre 1981, a Torino, Enrico Berlinguer convocò la Direzione del partito per prendere le misure nei confronti degli amendoliani. Insomma, le pressioni di Tonino Tatò sortiscono finalmente l’effetto sperato. Era combattivo come non mai e se la prese, come visto a suo tempo, direttamente con Giorgio Napolitano, colpevole di aver scritto, prendendo spunto dai 17 anni dalla morte di Palmiro Togliatti, un articolo critico nei confronti della sua politica, senza mai nominarlo. Eppure, è la prima e vera contestazione che veniva fuori nei confronti del segretario nazionale del Pci. In quel partito, c’era stata, fino allora, una tradizione di rispetto quasi sacrale nei confronti del capo del partito. Dunque, la lunga tradizione veniva infranta proprio, guarda caso, sull’“Unità”, l’organo ufficiale del partito. Non si ha memoria di prese di posizioni pubbliche da parte di Gramsci, Bordiga, Togliatti, Pajetta, Amendola, Ingrao, Longo e Terracini: i leader più carismatici della storia del comunismo italiano. L’articolo di Napolitano è, viceversa, un evento controcorrente, come dire, inedito che lascia molti a bocca aperta, ossia meravigliati.
A ben vedere, era intento di Enrico Berlinguer aprire in Direzione un dibattito franco, schietto e definitivo. Perciò si presentò agguerrito all’appuntamento e attrezzato per vincere la sfida lanciata dagli amendoliani e, sorprendentemente, da Giorgio Napolitano, così cauto e non di certo un cuor di leone.
La cronaca della riunione della Direzione fu riassunta dal settimanale “L’Espresso”: “Per cominciare, il segretario ha tracciato della situazione del paese un quadro fosco. “L’Italia va a pezzi – ha detto – e mi meraviglia la sorpresa mostrata per la mia intervista a “Repubblica”. Occorre una grossa scossa: altrimenti il distacco tra paese reale e paese legale diventa definitivo. E chi si muove, se non ci muoviamo noi? (…). Nessuno spende una parola in difesa di Napolitano. Non gli viene solidarietà nemmeno da quei quadri che egli stesso ha allevato nelle federazioni. Né gli è venuto sostegno da quegli esponenti della Direzione che nell’ultimo anno si erano più volte differenziati da Berlinguer – soprattutto sul tema delicato del rapporto con i socialisti – mettendo spesso in difficoltà: Bufalini, Macaluso, Perna, Nilde Iotti (…). Parecchi esponenti della Direzione hanno preso la parola per giudicare inopportuno l’articolo di Napolitano (…). “Non c’è nessuna questione personale contro il segretario, ed è lungi da me l’intenzione di sostituirmi a lui”, è stata la risposta di Napolitano, che ha poi ribadito punto per punto senza asprezze ma anche senza arretramenti, le sue posizioni politiche”.
Dopochè, sempre “L’Espresso” intervistò Claudio Martelli sulla querelle Berlinguer e Napolitano. Al contrario di quello che si pensava, il dirigente socialista non si schierò a favore di Napolitano come fecero invece Balzamo, Labriola e Tempestini.
Secondo Martelli, “Berlinguer ripropone il compromesso storico, non più tra la Dc e il Psi, ma tra lo spirito santo e il pugno chiuso (…). Ingrao vede la crisi dello Stato, ma vuole curarla aumentando le dosi di assemblearismo che i partiti dovrebbero poi mediare recuperando una idea alta della politica (…). Napolitano è l’uomo dell’eurocomunismo, del dialogo con la Dc, poi con il capitalismo illuminato, poi con il Psi. Se egli sia una sorta di “Passator cortese” del comunismo italiano o la punta di un iceberg di elettori, quadri, amministratori, sindacalisti comunisti in transizione verso la socialdemocrazia europea, è quanto cercheremo di capire con tutta la simpatia per chi porge la mano aperta e non il pugno chiuso”.
CHIESA E TANGENTOPOLI.
L’arresto del fratello del Cardinal Sodano e del presidente della fondazione pontificia “Centesimus Annus” coinvolge direttamente il Vaticano.
La chiesa cattolica è, storicamente, sempre stata coinvolta in fatti di ‘tangente’. Basti pensare alla simonia, cioè alla compravendita di cariche ecclesiastiche e perfino della stessa carica pontificale, pratica diffusissima fin dai primi secoli dopo Cristo per cessare solo con la controriforma: per ogni parrocchia, abbazia, canonicato, vescovato, cappello cardinalizio c’era una tangente da versare.
Anche la salvezza eterna era soggetta a tangenti, infatti, approfittando dell’ingenuità popolare, la chiesa vendeva le indulgenze: la tariffa variava a seconda della gravità del peccato e della ricchezza del fedele.
L’ultima colossale “tangente” fu quella carpita dalla Chiesa allo Stato italiano nel 1929 con il Concordato: l’equivalente di 700 miliardi di oggi fu il prezzo (più mille altri privilegi) da pagare affinché la chiesa rinunciasse per sempre a rivendicare i territori del defunto stato pontificio. Nel dopoguerra la chiesa si invischia nel corrotto governo democristiano ma di questo coinvolgimento non emerge quasi nulla per colpa della commissione inquirente della Camera (che insabbia centinaia di procedimenti) e di settori della magistratura collusi con mafia e con poteri più o meno occulti.
Prima di tangentopoli solo in due casi emerge un coinvolgimento della chiesa: -la raccomandazione del cardinal Poletti ad Andreotti affinché nominasse il generale Lo Giudice, quello che poi sarà regista dello scandalo dei petroli, alla carica di comandante della Guardia di Finanza, – il caso IOR/Banco Ambrosiano, il cui processo è ancora in corso, ma sul quale sono già stati pubblicati vari libri (es: D.Yallop – In nome di Dio, Pironti 1992) che documentano l’attività criminosa del Vaticano.
Non dimentichiamo che comunque una sentenza del ’93 ha condannato a tre anni di carcere monsignor Pavel Hnilica, funzionario del Vaticano e confessore di Madre Teresa di Calcutta, per ricettazione della borsa di Calvi.
Ma veniamo allo scandalo di tangentopoli. Innanzitutto il 7/2/94 è stato arrestato Alessandro Sodano, fratello del cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato del Vaticano, con l’accusa di corruzione, abuso e falso per la lottizzazione di un’area industriale vicino ad Asti. Si tenga presente che la famiglia Sodano è a tal punto intima del Vaticano che perfino lo stesso papa ha visitato la loro fattoria nel corso di una visita ad Asti effettuata lo scorso settembre ’93.
Ancora più clamoroso è l’arresto del presidente della CARIPLO Roberto Mazzotta, ex altissimo esponente democristiano, presidente della fondazione “Centesimus Annus” incaricata di raccogliere i fondi per la beneficenza pontificia.
Di minore importanza, ma sempre molto significativo, è l’arresto dell’ex segretario nazionale dell’UNITALSI (Unione Nazionale Trasporto Ammalati a Lourdes e Altri Santuari Italiani) e di suo fratello, consultore della Prefettura degli affari ecclesiastici della santa sede, coinvolti in tangentopoli e sospettati di aver riciclato denaro sporco in Vaticano.
La verità è che negli anni di tangentopoli mai le gerarchie ecclesiastiche levarono la voce contro i farabutti che ci governavano ma, al contrario, parteciparono con buona lena alla divisione della torta (caso IOR-Enimont). Il bello è che la chiesa, lungi dal fare autocritica, continua ad ergersi a giudice morale dei corrotti, ma prima di assumere posizioni sulla moralità altrui farebbe bene a verificare la propria.
LO IOR, PAPA LUCIANI E MONS. NARCOTRAFFICO
Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Papa e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus (Monsignor narcotraffico) che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri. Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più. Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R., l’Istituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti. Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato…
La Banca Vaticana non è responsabile né verso la Banca Centrale del Vaticano né verso il Ministero dell’Economia; infatti funziona in modo indipendente con tre consigli d’amministrazione: uno costituito da cardinali di alto livello, un altro costituito da banchieri internazionali che collaborano con impiegati della Banca Vaticana e per ultimo un consiglio d’amministrazione che si occupa degli affari giornalieri. Tali strutture organizzative così chiuse sono la norma nella Santa Sede e sono utili per mascherare le operazioni della Banca: figuriamoci se Marcinkus avesse mai voluto un papa che lo “disturbasse”
Lo IOR funziona come banchiere privato della Chiesa, dal momento che si adatta perfettamente alle esigenze di una Banca diretta dal Papa. Nonostante sia di proprietà del Papa, la Banca, sin dal proprio inizio, è stata più volte coinvolta nei peggiori scandali, corruzione e intrighi. Sotto felice auspicio, l’apertura della banca nel 1941 per ordine di Pio XII, altresì chiamato il Papa di Hitler, ha fornito convenienti sbocchi bancari ai fascisti italiani, all’aristocrazia e alla mafia.
La Banca Vaticana afferma di non aver nessun documento relativo al periodo della Seconda Guerra Mondiale; infatti secondo il procuratore della Banca Vaticana, Franzo Grande Stevens, lo IOR distrugge tutta la documentazione ogni dieci anni, un’affermazione alla quale nessun banchiere responsabile crederebbe. Ciononostante, altre documentazioni esistono in Germania e presso gli archivi americani, che dimostrano i trasferimenti nazisti di fondi allo IOR dalla Reichsbank, e altri dallo IOR alle banche svizzere controllate dai nazisti. Un famoso procuratore specializzato nelle restituzioni dell’Olocausto ha documentato i trasferimenti di denaro dai conti delle SS a una innominata banca romana nel settembre 1943, proprio quando gli Alleati si stavano avvicinando alla città.
Dalla fine degli anni Settanta, lo IOR era divenuto uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali.
Quando Albino Luciani decise di posare i suoi occhi indiscreti sulle vicende e l’attendibilità di Paul Marcinkus, responsabile della banca vaticana, alias IOR, Istituto Opere di Religione, il neo-eletto papa aprì una controversia che – secondo la documentata e mai smentita inchiesta di David Yallop [In Italia il libro di Yallop fu coraggiosamente pubblicato dalla Tullio Pironti di Napoli (Yallop D., In God’s name, Ed.Pironti, Napoli, 1992)] – gli sarebbe costata la vita. In coincidenza con l’elezione di Lucani infatti venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano; fra questi vi era Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, nome in codice: Marpa).La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite. Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi.
L’intreccio che lega Marcinkus, la banca vaticana, il banchiere Sindona, il banchiere Calvi, il segretario di Stato del Vaticano Villot, Gelli, il cardinale Cody di Chicago e la Continental Illinois Bank di Chicago, con la quale venivano e vengono controllati gli investimenti vaticani negli Stati Uniti, è strettissimo.
Luciani era convinto che un’indagine approfondita su connessioni e collusioni avrebbe potuto stabilire i provvedimenti da prendere, e le contromisure da mettere in atto per arginare l’invadente e potentissimo cardinale.
Luciani conosceva molto bene il direttore della Banca Vaticana; nel 1972 Marcinkus aveva venduto a Roberto Calvi la partecipazione di controllo nella banca cattolica del Veneto senza minimamente metterne a conoscenza l’allora patriarca di Venezia.
La morte subitanea, dopo trentatre giorni di pontificato, suscitò incredulità e stupore, sentimenti accresciuti dalle titubanze del Vaticano nello spiegare il come, il quando ed il perché dell’evento. In questo modo, l’incredulità diventò prima dubbio e poi sospetto. Era morto o l’avevano ucciso?
Fu detto all’inizio che Luciani era stato trovato morto con in mano il libro «l’imitazione di Cristo», successivamente il libro si trasformò in fogli di appunti, quindi in un discorso da tenere ai gesuiti ed infine, qualche versione ufficiosa volle che tra le sue mani ci fosse l’elenco delle nomine che il Papa intendeva rendere pubbliche il giorno dopo.
Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano. C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto.
Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi.
Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I.
Il libro dello scrittore inglese passa in rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R. Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.
Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della giustizia cittadina e della corte federale. Villot, infine, avrebbe facilitato materialmente l’operazione.
La ricostruzione fatta da Yallop degli affari di Sindona, di Calvi, di Gelli e dello I.O.R., conduce inevitabilmente all’eliminazione del Papa.
Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali? Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil. La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione.
Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire?
Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita.
Una curiosità per chiudere l’argomento: sulla scrivania di Luciani fu trovata una copia del settimanale «Il mondo» aperta su di un’inchiesta che il periodico stava conducendo dal titolo: «Santità…è giusto?» che trattava, sotto forma di lettera aperta al pontefice, il tema delle esportazioni e delle operazioni finanziarie della banca Vaticana. «E’ giusto…» recita l’articolo «…che il Vaticano operi sui mercati di tutto il mondo come un normale speculatore? E’ giusto che abbia una banca con la quale favorisce di fatto l’esportazione di capitali e l’evasione fiscale di italiani?».
Gli spostamenti sull’asse internazionale di denaro, favori, compiacenze, e destini di intere legislature non potevano essere resi incerti nemmeno da un Papa perché proprio in quel biennio ‘78-‘79 si sarebbe proceduto ad accordi destinati a riscrivere il contesto del capitale finanziario europeo ed extra-europeo.
L’Italia, una volta di più, dimostrava la sua particolare e delicata funzione di volano per iniziative che avrebbero segnato le fortune, o i tracolli, di numerosi gruppi di potere.
La tensione che si innervava nella politica nazionale e di cui la drammatica restaurazione in Fiat del 1980 rappresentò uno dei principali strumenti di riassorbimento dell’urto determinato dal malcontento della classe operaia, databile in origine al 1969, restituisce i contorni di un paese nel quale il ceto dirigente doveva storicamente risposte senza ambiguità ai dominatori d’oltre Atlantico, incarnati dalla torbida figura di Sindona, palesemente sostenuto con ogni riguardo da Andreotti e dalla Dc, i cui programmi a lunga scadenza sembravano interrotti dalla crisi di governabilità culminata nel ‘77 con gli scontri in piazza e pochi mesi più tardi col rapimento Moro.
Lo strano caso della morte di Albino Luciani
Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri.
Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più. Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R., l’Istituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti. Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato…
Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno».
Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque. E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini.
In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite. Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi.
Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «L’osservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).
Di Albino Luciani cominciò a circolare per la curia l’immagine di uomo poco adatto all’incarico, troppo «puro di cuore», troppo semplice per la complessità dell’apparato che doveva governare.
La morte subitanea, dopo trentatre giorni di pontificato, suscitò incredulità e stupore, sentimenti accresciuti dalle titubanze del Vaticano nello spiegare il come, il quando ed il perché dell’evento. In questo modo, l’incredulità diventò prima dubbio e poi sospetto. Era morto o l’avevano ucciso?
Fu detto all’inizio che Luciani era stato trovato morto con in mano il libro «l’imitazione di Cristo», successivamente il libro si trasformò in fogli di appunti, quindi in un discorso da tenere ai gesuiti ed infine, qualche versione ufficiosa volle che tra le sue mani ci fosse l’elenco delle nomine che il Papa intendeva rendere pubbliche il giorno dopo.
Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano. C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto.
Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi.
Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I.
Il libro dello scrittore inglese passa in rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R. Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.
Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della giustizia cittadina e della corte federale. Villot, infine, avrebbe facilitato materialmente l’operazione.
La ricostruzione fatta da Yallop degli affari di Sindona, di Calvi, di Gelli e dello I.O.R., conduce inevitabilmente all’eliminazione del Papa.
Tuttavia la ricostruzione dello scrittore inglese pone alcuni problemi, primo fra tutti la netta sensazione che, in alcuni passi della ricostruzione, gli episodi, le date e le circostanze, tendano ad «esser fatte coincidere» troppo forzatamente.
Tuttavia il lavoro investigativo di Yallop è comunque buono e non si può non tener conto del lavoro dell’inglese soprattutto considerando il fatto che troppi sono i dubbi inerenti le ultime ore di vita del Papa.
Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali? Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil. La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione.
Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire?
Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita.
Una curiosità per chiudere l’argomento: sulla scrivania di Luciani fu trovata una copia del settimanale «Il mondo» aperta su di un’inchiesta che il periodico stava conducendo dal titolo: «Santità…è giusto?» che trattava, sotto forma di lettera aperta al pontefice, il tema delle esportazioni e delle operazioni finanziarie della banca Vaticana. «E’ giusto…» recita l’articolo «…che il Vaticano operi sui mercati di tutto il mondo come un normale speculatore? E’ giusto che abbia una banca con la quale favorisce di fatto l’esportazione di capitali e l’evasione fiscale di italiani?».
VATICANO
A SAN PIETRO L’ORO DI PAVELIC
Duemila sopravvissuti al genocidio del regime ustascia fanno causa allo
Ior: rivendicano il tesoro depositato, o donato per grazia ricevuta, da Pavelic al Vaticano
Una bomba che esplode scuotendo il Vaticano: George Zivkovich, classe 1937, serbo di religione ortodossa, residente in California, si è recentemente rivolto ai tribunali americani citando in giudizio la Santa Sede, e più precisamente l’Istituto per le opere di religione, lo Ior, cioè la banca vaticana già protagonista di numerosi scandali negli ultimi
decenni. Zivkovich, che, ragazzo, era scampato al genocidio serbo perpetrato dagli ustascia croati negli anni 1941-1945, rivendica il tesoro che l’ex dittatore Ante Pavelic aveva lasciato in custodia, o donato per grazia ricevuta, al Vaticano nel ’45. Lo affiancano nell’azione giudiziaria circa 2.000 compatrioti.
Il regime ustascia, portato al governo in Croazia in quegli anni, grazie all’invasione delle forze dell’Asse, fu il più feroce espresso dai nazifascisti. Più feroce ancora di quello hitleriano, ed è tutto dire: in quello stato che contava poco più di sei milioni di abitanti, un terzo dei quali serbi di religione ortodossa, gli ustascia massacrarono un milione di
questi unitamente a 50 mila ebrei e 30 mila zingari, cioè il 20 per cento della popolazione. All’eccidio parteciparono numerosi sacerdoti e frati cattolici con la complicità di vescovi, con la connivenza del Primate, arcivescovo Stepinac, recentemente beatificato, il tutto con l’implicito beneplacito di Pio XII.
Crollato il suo regno, Pavelic scappò insieme ai suoi gerarchi e a 500 religiosi cattolici fra i più compromessi nell’eccidio, trovando rifugio a Roma dove visse per tre anni nascosto nel Collegio di San Girolamo degli Illirici, in Via Tomacelli, edificio protetto dalla extraterritorialità vaticana. Non giunse a mani vuote, ma, come tutti gli ospiti che si
rispettino, portò un dono: l’oro, i gioielli e i titoli rapinati alle vittime. Anche a Stepinac aveva lasciato un presente, trentasei casse d’oro, che l’arcivescovo si fece incautamente scoprire un anno dopo dal governo di Tito. Il Vaticano ricambiò il munifico omaggio facendo fuggire questo criminale in Argentina nel 1949, vestito in abiti talari e munito di
adeguato passaporto. Con le stesse modalità la Santa Sede aiutò a fuggire duecento ustascia e cinquemila delinquenti nazisti, l’aristocrazia del crimine, fra i quali il Dottor Mengele, Walter Rauff, Adolf Eichmann, Erick Priebke, Franz Stangl. A capo dell’Organizzazione di soccorso vaticana, che attivò quella che gli alleati denominarono rat line, la via dei topi, vi erano Draganovic, monsignore ed ex colonnello ustascia, e il vescovo Alois Hudal, titolare in Roma della chiesa di Santa Maria dell’Anima, uomo di
fiducia di Papa Pacelli. Le memorie di Hudal pubblicate in tedesco dopo la sua morte, rappresentano la più dettagliata documentazione della via dei topi: “compito svolto per incarico del Vaticano”, come egli afferma.
Dell’oro croato nascosto in Vaticano correvano voci fin dall’immediato dopoguerra nell’ambiente dei servizi segreti. Gli ustascia emigrati in Argentina si confidarono con le autorità di quel paese, attivando la stessa Evita Peron, subito partita per l’Italia allo scopo di convincere Pio XII a rispettare gli impegni presi con Pavelic di restituirgli una parte del
bottino. Evita tornò a Buenos Aires a mani vuote perché l’oro non era stato restituito, ma affidato in gestione al vescovo Alberto di Jorio, presidente dello Ior, e al suo alter ego Bernardino Nogara.
La regia vaticana nella via dei topi viene documentata per la prima volta da un rapporto – top secret – inviato il 15 maggio 1947 dall’addetto militare Usa a Roma Vincent LaVista, al Segretario di Stato americano George Marshall, che dettaglia le responsabilità vaticane e la partecipazione di numerosi sacerdoti all’attività illegale e clandestina.
LaVista informa che grossi quantitativi di oro, trafugato alle vittime, sarebbero stati occultati nei Palazzi Apostolici. Questo documento segue di poco quello dell’agente speciale del Tesoro Usa Emerson Bigelow, che documenta come nelle casse vaticane sia finito un quantitativo d’oro per un valore di 200 milioni di franchi svizzeri, depredato dagli ustascia. Analoga affermazione viene dalle memorie di James V. Milano, comandante del
430 distaccamento del controspionaggio dell’Us Army’s Counter Intelligence Corps, il quale aggiunge altri particolari a quelli già noti.
Il 22 luglio 1997 il quotidiano francese Nice Matin, pubblica un articolo intitolato “Oro croato al Vaticano?” L’amministrazione americana indaga su un trasferimento di ottocento milioni di franchi francesi”, nel quale è scritto: “Bill Clinton ha annunciato ieri che il Dipartimento del Tesoro sta studiando il documento d’archivio che rivela che la Santa Sede ha conservato dell’oro dell’antico regime fascista di Croazia. Secondo il
documento, diffuso da una rete televisiva americana, una parte rilevante delle riserve d’oro del regime fascista croato, del valore di circa ottocento milioni di franchi, sotto forma di lingotti d’oro, sarebbe stato immagazzinato presso il Vaticano, verso la fine della Seconda guerra mondiale, per evitare che venisse sequestrato dagli alleati… Secondo voci
insistenti queste riserve, essenzialmente costituite da lingotti d’oro, in seguito sarebbero state dirottate, a cura del Vaticano, verso la Spagna e l’Argentina. L’estensore del documento afferma comunque di ritenere che queste voci siano state diffuse dal Vaticano per nascondere la verità: secondo lui queste riserve non hanno mai lasciato la città pontificia”. La Santa Sede, attraverso il portavoce del Papa, Joaquin Navarro Valls,
smentisce tutto, definendo le notizie riportate dal quotidiano francese “informazioni senza alcun fondamento”.
La certezza che il tesoro ustascia si trovi ancora in Vaticano riceve il crisma dell’ufficialità il 2 giugno 1998 dal Rapporto Usa stilato dal sottosegretario di Stato Usa Stuart Eizenstat, che afferma, fra l’altro, che gli archivi ustascia furono portati in Vaticano, così come oro e gioielli. Aggiunge che “anche se non ci sono prove dell’implicazione diretta del Papa e dei suoi consiglieri, sembra inverosimile che essi abbiano del tutto ignorato ciò che stava accadendo. Le autorità vaticane hanno affermato di non avere trovato alcun documento suscettibile di fare luce sulla questione dell’oro ustascia”. La reazione ufficiale di parte vaticana, espressa dal portavoce pontificio Joaquin Navarro Valls è: “il segretario dell’Istituto San Girolamo, che era all’epoca Krunoslav Draganovic, ha forse utilizzato quest’oro unicamente a proprio titolo, senza l’autorizzazione dell’Istituto e senza che il Vaticano lo sapesse”.
L’avvocata americana Keelyn Friesen, che coordina l’azione giudiziaria contro lo Ior e gli altri accusati di complicità nell’imboscamento del tesoro ustascia promossa da Zivkovic e dai suoi compagni, promette battaglia dura ed esige giustizia. Una giustizia, che se deve suonare condanna per l’indegno agire di uomini della Chiesa, chiama anche in causa
tutti i successori di Pio XII.
E’ l’era della nuova M@fia
Il coinvolgimento dello IOR nella tentata rapina telematica
E parliamo ancora di mafia telematica, questa volta basandoci sull’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Palermo lo scorso 6 ottobre.
Il Giudice per le indagini preliminari, dott.ssa Vincenzina Massa, ha esaminato la richiesta del Pubblico Ministero per l’applicazione della misura di custodia cautelare in carcere emessa in data 4 ottobre 2000 nei confronti di: Gaspare Affatigato, Giovanni Costantino, Salvatore Costantino, Salvatore Costantino (omonimo del succitato Salvatore Costantino), Ferdinando Cusimano, Pietro Gemellaro, Alfredo Leonardi, Matteo Lucchese, Vincenzo Marino, Mario Muratore, Antonio Orlando detto Gianni, Mario Orlando, Massimo Pandolfo, Gianfranco Puccio, Rosario Zappulla e Aldo Zarcone. Quando si crea un’associazione per delinquere con partecipanti in numero superiore a tre, essa viene considerata un’associazione di stampo mafioso. Bisogna evidenziare come l’indiziario esaminato dal pm si sia ulteriormente arricchito nei confronti dell’indagato Orlando in esito alle chiamate dei complici e, rispettivamente, alle dichiarazioni accusatorie rilasciate durante gli interrogatori dai coindagati Alfredo Leonardi, Pietro Gemellaro, Mario Lucchese e Aldo Zarcone; nei confronti degli indagati Leonardi e Gemellaro in relazione alle chiamate effettuate reciprocamente da costoro e delle dichiarazioni accusatorie fatte dal Lucchese nei loro confronti. Anche la posizione di Affatigato si è arricchita di nuovi elementi indiziari emersi dalle dichiarazioni accusatorie del Lucchese, del Leonardi e del Gemellaro: Alfredo Leonardi inoltre si è messo in contatto con Giovanni Costantino e Matteo Lucchese. L’iniziale quadro indiziario è stato ulteriormente confermato dagli elementi emersi nel corso degli interrogatori degli indagati Massimo Pandolfo, Aldo Zarcone, Mario Orlando, Pietro Gemellaro, Alfredo Leonardi e Matteo Lucchese: in particolare, Gemellaro e Leonardi, tecnici della Telecom impegnati nel trasferimento illecito della linea TD del Banco di Sicilia, hanno reso una confessione parziale includendone un tardivo quanto poco credibile pentimento. Non sussistono invece gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Mario Orlando, poiché egli è da ritenersi ignaro compartecipe in un solo episodio, coinvolto a tradimento da suo fratello Antonio: quest’ultimo infatti, con la scusa di voler provare un sistema informatico, aveva chiesto a Mario l’accesso nel suo esercizio commerciale.
Si è ritenuto che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte soltanto con la custodia in carcere ed è stata ordinata agli ufficiali ed agli agenti di polizia giudiziaria di procedere alla cattura di Gaspare Affatigato, Giovanni Costantino, Salvatore Costantino, Salvatore Costantino, Ferdinando Cusimano, Pietro Gemellaro, Alfredo Leonardi, Matteo Lucchese, Vincenzo Marino, Mario Muratore, Antonio Orlando, Massimo Pandolfo, Gianfranco Puccio, Rosario Zappulla e Aldo Zarcone.
Gli indagati si avvalevano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivava per commettere delitti destinati a sottrarre ingentissimi fondi al Banco di Sicilia di Palermo e di altre sedi siciliane, attraverso operazioni illecite sui fondi bancari. Tali operazioni erano possibili grazie a funzionari della banca stessa che fornivano le conoscenze e gli strumenti bancari ed informatici necessari ad annientare le protezioni predisposte dall’istituto bancario sottraendo i fondi alla banca senza che la stessa se ne avvedesse. Tali operazioni erano mirate a trasferire le somme di denaro all’estero e su conti di soggetti non identificabili come concorrenti alla sottrazione, in modo da impedire l’identificazione della provenienza delittuosa dei fondi sottratti ed il loro recupero da parte del legittimo proprietario. Gli associati sono inoltre risultati armati di materiale esplosivo finalizzato al raggiungimento degli obiettivi.
Ma vediamo di capire come il denaro sarebbe dovuto arrivare nelle casse dello IOR, l’Istituto di Opere Religiose della Città del Vaticano. Costantino, Affatigato, Cusimano e Zappulla, insieme con altre persone non ancora identificate, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di 1.700 miliardi di lire in contanti, appartenenti a fondi
pubblici provenienti dalla Comunità Europea e depositati su conti aperti presso il Banco di Sicilia di Palermo, Cassa Regionale esercente la tesoreria della Regione Sicilia. Inizialmente è stata trasferita abusivamente la somma di 264 miliardi su un conto corrente del Banco di Sicilia aperto presso la sede centrale della Banca di Roma e da questo ad un altro conto corrente intestato a Vincenzo Polizzi, aperto presso l’agenzia della Banca di Roma di Cadriano di Granarolo Emilia. Hanno poi trasferito altri 400 miliardi su un conto corrente da aprirsi presso la Banca Popolare di San Felice sul Panaro e da questa a un conto corrente della stessa banca aperto presso un istituto di credito estero. Un altro trasferimento di denaro per la considerevole somma di 1.000 miliardi è avvenuto su un conto corrente del Banco di Sicilia aperto presso un Istituto di Credito Italiano; da quest’ultimo il denaro sarebbe dovuto giungere alle casse dello IOR, grazie alla disponibilità di un monsignore compiacente. Questo fatto sarebbe risultato ancora più grave degli altri reati, poiché avrebbe tolto per sempre ai proprietari del denaro la possibilità di recuperarlo: infatti, essendo la Città del Vaticano uno stato a sé, la Costituzione italiana non vi può imporre le proprie leggi. Nel tentato trasferimento del denaro nelle casse dello IOR sono implicati Antonio Orlando, Vincenzo Marino, Francesco D’Alessandro e Domenico Nelvi i quali avevano preso contatti con alcuni funzionari non ancora identificati. Ma, in particolare, grazie all’intercettazione della telefonata del 29 settembre 2000, si è scoperto che Vincenzo Marino e Domenico Nelvi parlavano dei primi accordi che il secondo avrebbe preso con il sopracitato monsignore, tale Boldini, definito il “numero due” dello IOR; questi si sarebbe dimostrato disponibile a compiere l’operazione del trasferimento del denaro, consegnando immediatamente dal 20 al 30% della somma in contanti, ma pretendendo che tutto avvenisse martedì 3 ottobre 2000 con un incontro per concordare i termini finali dell’operazione a mezzogiorno, ed alle 18,30 dello stesso giorno con il trasferimento del denaro vero e proprio.
da http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/A-proposito-di-Vaticano-/D6669057.html
Monsignor mistero. La vera storia delle morti in Vaticano
Vaticano in fibrillazione. Santa Sede sotto i riflettori. Torna alla ribalta la misteriosa – e mai chiarita – morte di papa Luciani dopo appena 33 giorni di pontificato. Ne parla Giovanni Minoli nella nuova serie di Mixer. Riaffiorano dubbi, incongruenze, versioni contrastanti, una verità ufficiale poco, pochissimo credibile. Un’autopsia mai fatta, rapide perizie nel segreto delle stanze vaticane, un cuore normale che improvvisamente cede; l’incredibile storia delle gocce di cardiotonico ingurgitate in eccesso dal papa, l’altra – invece – a base di una digitalina che non lascia traccia. Morto in piedi, oppure a letto? Mentre leggeva sacre scritture o abbozzava il nuovo organigramma dei vertici pontifici? Oppure cominciava a mettere nero su bianco le nuove regole da impartire a uno Ior recalcitrante davanti a ogni ipotesi di trasparenza, col ‘nemico’ Marcinkus sempre alacremente all’opera? E poi il sogno di una suora, ricordato in uno scritto da monsignor Balthazar: due ombre si introducono furtive nella camera da letto di Luciani e nel suo bicchiere fanno scorrere il liquido di una misteriosa pozione. Dall’Inghilterra, intanto, lo scrittore-giornalista David Yallop – autore per Tullio Pironti di una celebre ricostruzione di quella ‘morte’ – continua con pervicacia a sostenere la sua tesi: il papa venne ‘suicidato’.
Così come venne ‘suicidato’, sotto il ponte dei frati neri lungo il Tamigi a Londra, il patròn del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi. L’inchiesta è riaperta, la famiglia dopo tanti anni vuole finalmente giustizia.
“Il rituale dell’esecuzione – scrive l’avvocato investigativo californiano Jonathan Levy nel volume Tutto quello che sai è falso edito in Italia da Nuovi Mondi Media – è tipicamente massonico, con delle grosse pietre nelle tasche”. E la matrice? Levy punta dritto in una direzione: quella dei poteri forti della Chiesa, rappresentati secondo lui dall’Opus Dei, che – scrive – “ha desiderato ardentemente la Banca Vaticana e i cui quartieri generali si trovano casualmente a Londra”.
La spiegazione, ricavata dalle conversazioni con un grosso banchiere internazionale, viene così sintetizzata: “Mi spiegò che la banca di Calvi era sull’orlo del collasso a causa della sparizione di centinaia di milioni di dollari passati attraverso i flussi finanziari dello Ior che erano collegati al riciclaggio di danaro della mafia. Preso dalla disperazione Calvi si trasferì a Londra per ottenere un pacchetto finanziario di salvataggio proveniente da un rappresentante anziano dell’Opus Dei”. L’operazione però, secondo la ricostruzione di Levy, non andò in porto e il corpo di Calvi fu trovato ‘appeso’ sotto il ponte dei Blackfriars.
L’altra pista porta direttamente alla mafia, che si sarebbe vendicata dell’affronto subito da Calvi, il quale non avrebbe restituito un’ingente somma di danaro da ‘ripulire’ (utilizzato invece per riossigenare le casse dell’Ambrosiano). Sul fronte dell’esecuzione, comunque, fa ancora capolino la pista di camorra: “nei giorni in cui Roberto Calvi era a Londra – ricordano a Scotland Yard – vennero segnalate diverse presenze interessanti: quella di Flavio Carboni e di alcuni camorristi, fra cui Vincenzo Casillo”. Luogotenente di Raffaele Cutolo, soprannominato ‘o nirone, in contatto con i servizi deviati e in particolare col faccendiere Francesco Pazienza, Casillo due anni dopo saltò per aria a Roma in un’auto imbottita di tritolo.
A fine settembre scorso, poi, due botti. A Londra la polizia decide di riaprire le indagini su quella morte, a Roma l’inchiesta portata avanti dai pm Luca Tescaroli (che ha già indagato sulla strage di Capaci) e Maria Monteleone (casi Mitrokin e “spectre” all’italiana) si arricchisce di una verbalizzazione esplosiva: un pentito di mafia, Vincenzo Calcara, per l’omicidio Calvi tira in ballo Giulio Andreotti, elementi deviati dello Stato e dei Servizi, massoneria e ambienti vaticani.
E sotto il Cupolone ci porta anche un’altra esistenza – e un’altra fine – avvolta nel mistero: quella di Giorgio Rubolino, morto in piena calura ferragostana, immediata la diagnosi d’infarto che non perdona, niente autopsia, funerali in pompa magna in Vaticano, poi il silenzio. Fino alla decisione dei magistrati romani, dopo neanche un mese, di vederci più chiaro, chiedendo la riesumazione del cadavere per poter effettuare una normale autopsia. Ma chi era Rubolino?
UNA VITA VORTICOSA
Il suo nome balza alle cronache nazionali per l’omicidio di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso il 23 settembre 1985. Due anni dopo il procuratore generale del tribunale di Napoli, Aldo Vessia, avoca a sé l’inchiesta bollente, fino a quel momento capace solo di racimolare una serie di flop.
Vessia vola negli Usa, e interroga Josephine Castelli, un’avvenente bionda al centro di strani giri. Dopo un paio di mesi scattano le manette per il capoclan di Forcella Ciro Giuliano, per un ‘gregario’, Giuseppe Calcavecchia, e per un insospettabile, il ventiseienne Giorgio Rubolino, intimo di Josephine, una stirpe di magistrati nel pedigree (il padre è stato pretore a Torre Annunziata), già inserito negli ambienti che contano (fra le alte prelature soprattutto) e nella Napoli bene.
Per lui inizia il calvario, quattordici mesi nel carcere di Carinola, fino a quando una delle tante toghe che si sono alternate al capezzale di un’inchiesta che non riesce a decifrare colpevoli (esecutori e, soprattutto, mandanti), Guglielmo Palmeri – sorrentino d’origine e in ottimi rapporti con la famiglia Rubolino – lo rimette in libertà (due mesi prima erano stati rilasciati anche Giuliano e Calcavecchia). Cade il teorema Vessia, non regge l’ipotesi di un omicidio eseguito dai Giuliano su ordine dei Gionta di Torre Annunziata. E, soprattutto, sparisce la pista di via Palizzi. La pista che portava alla casa d’appuntamenti, frequentata da giovanissime squillo (tra cui Josephine e la sorella Pandora), e da vip della Napoli che conta: in primis, magistrati e politici.
Fra le toghe, spicca il nome di Arcibaldo Miller, per anni pm di punta alla procura di Napoli (sua la maxi istruttoria per il dopo terremoto finita in prescrizione per tutti) e oggi 007 di punta del guardasigilli Castelli. Lo stesso Miller – viene precisato in un documento al vetriolo elaborato dalla camera degli avvocati penali di Napoli nel 1998 – ha subìto un procedimento per “trasferimento d’ufficio” a causa di una serie di fatti, fra cui “l’aver frequentato una casa di appuntamenti gestita da pregiudicati affiliati alla camorra negli anni 1984-1985 in via Palizzi”. Lo stesso Miller seguirà il caso Siani: collaborerà proprio con Palmeri per cercare di sbrogliare quel pasticciaccio brutto. Sempre più brutto. E, soprattutto, sempre senza colpevoli.
DA ROMA A LONDRA
Torniamo a Rubolino. Riacquistata la libertà, non riesce però a ritrovare ancora la serenità. Vessia, infatti, ricorre contro la scarcerazione dei tre. Trascorre un anno e, a dicembre 1989, la Cassazione respinge il ricorso, confermando l’impostazione assolutoria di Palmeri. Il quale, però, non riesce ancora a dare un volto, e tanto meno un nome, ai colpevoli. Né agli esecutori, figurarsi ai mandanti.
Ma come era saltato fuori il nome di Rubolino per il caso Siani? Non solo dal filone di via Palazzi, ma anche in seguito alle primissime indagini sulle cooperative di ex detenuti che, proprio a partire dal 1985, a Napoli stavano aggregandosi e iniziando a bussare con forza ai portoni di palazzo San Giacomo.
Il Comune – allora retto dal socialista Carlo D’Amato – nell’autunno ’85 diede disco verde per l’ingresso fra i ranghi di ben 700 detenuti raggruppati in sei liste (“La carica dei settecento”, titolò la Voce in una cover story del dicembre 1985): nei mesi seguenti un putiferio, una fortissima polemica a sinistra, con una Lega delle cooperative alla deriva. “E’ in quel contesto che veniva fuori anche il nome di Rubolino – ricordano a palazzo di giustizia – una storia intricata, tra minacce, camorra, affari e promesse. Insomma, una vera giungla”. Rubolino, riuscì a cavarsela. “Ma non la smetteva di ficcarsi sempre in storie pericolose, sbagliate, comunque tra soldi, salotti e personaggi poco raccomandabili”.
Esce con la ossa rotte e il morale a terra, Rubolino, da queste vicende. Si trasferisce a Roma. “Ha cercato di buttarsi tutto alle spalle e ricominciare da capo. Ce l’ha messa tutta. Ha fatto anche un sacco di opere di bene, volontariato, assistenza”, racconta un amico. “Non c’è riuscito a rompere col passato – aggiunge un operatore finanziario capitolino – aveva perso il pelo ma non il vizio, continuava a frequentare ambienti dai miliardi facili e spesso inesistenti”. Due versioni contrastanti.
Un perverso destino, comunque, sembra perseguitarlo. Nel 1999 ri-finisce nelle galere, questa volta londinesi, per una presunta truffa da 100 milioni di sterline ai danni di una vera e propria istituzione britannica, la Cattedrale di San Paolo. Il classico ‘pacco’ organizzato secondo il miglior copione di Totò formato fontana di Trevi: siamo venuti qui (i Magi sono cinque, due italiani, un finlandese, un canadese e un americano) per donarvi la bellezza di 50 milioni di sterline. Unica piccola, microscopica condizione, quella che voi depositiate per dieci giorni, appena dieci giorni, il doppio, ovvero 100 milioni, su un conto svizzero. Nessuno li toccherà quei soldi, assicurano.
La truffa non riesce, i cinque finiscono in gattabuia, lui, Rubolino, viene messo in libertà e prosciolto da ogni accusa. Anche la procura di Napoli, che si era accodata con un suo filone investigativo, lo scagiona. E lui avvia un procedimento per ottenere un indennizzo per quella ingiusta detenzione. “Ne aveva raccolti, comunque, di soldi per le denunce fatte contro alcuni giornalisti che lo avevano accusato per Siani – ricorda un amico – soldi che donò in beneficenza”.
STANLEY & PROMAN
Un anno fa la svolta sembra dietro l’angolo. Decide di cominciare a far sul serio l’avvocato e, quindi, di iscriversi al consiglio dell’ordine di Roma. Raccoglie la documentazione, presenta la domanda, altra delusione: c’è ancora una pendenza con la giustizia, per via di un procedimento non ancora chiuso, millantato credito. “Non è cosa – raccontano ancora nel suo entourage – non è cosa, ha pensato. Ed è ripiombato nei suoi problemi, nella sua tristezza di prima, quando subiva accuse e attacchi”. La voglia di business, comunque, non lo abbandona: per lui è una seconda pelle, una droga, non può farne a meno.
Ed eccolo entrare nei santuari della finanza, acquisire partecipazioni azionarie, frequentare il mercato ristretto e la City.
Un bel giorno, diventa il padrone di una misteriosa sigla, Proman. A quel punto, le voci cominciano a rimbalzare. Perché lui risulta “intestatario fiduciario”. Di chi, di cosa?
Ma vediamo cosa è Proman. A quanto pare si tratta di una società a responsabilità limitata. Nel suo portafoglio spicca una partecipazione di lusso, il 25 per cento delle azioni Stayer, una grossa sigla nel settore elettrico, avamposti a Ferrara e Rovigo, interessi in mezzo mondo. Un’altra consistente fetta di Stayer – pari al 29 per cento del pacchetto azionario – fa capo a Efi, ovvero European Financial Investments, a sua volta controllata da un’altra sigla, Danter.
Efi, dal canto suo, naviga in acque agitate, trovandosi in amministrazione controllata, per i problemi finanziari che stanno passando i fratelli Bergamaschi, suoi soci di riferimento, e un pignoramento azionario effettuato da un creditore, la Euroforex. E’ per questo motivo che l’assemblea straordinaria di Stayer convocata lo scorso 27 agosto per deliberare l’aumento di capitale a 10 milioni di euro, è saltata. Ma non solo per questo. Ecco cosa scrive, proprio quel giorno, un dispaccio dell’agenzia Reuter: “Il 26 agosto scorso Stayer ha ricevuto una comunicazione dall’intermediario presso cui sono depositati i titoli che informava del decesso di Rubolino e affermava che i diritti sulla partecipazione spettano ai suoi eredi.
Stayer – viene aggiunto nel comunicato – non sa se e come Proman intende resistere contro questa posizione dell’intermediario”.
Resta il mistero Proman. Nei cervelloni Cerved, collegati con tutte le camere di commercio italiane, non v’è traccia di Proman spa. Né si segnala alcuna Proman nel cui carniere figuri una qualsiasi partecipazione azionaria di Stayer. Un bel rebus. Val la pena, comunque, di scorrere la lista dei soci targati Stayer. A parte due medi azionisti (Gianfranco Fagnani e Roberto Scabbia), fanno capolino quattro sigle. A parte un’italiana (BSPEG SGR spa, una società di gestione del risparmio privato, con 140 mila azioni), le altre tre sono estere. Le quote minori fanno capo a Electra Investiment Trust Plc (26 mila azioni) e a Power Tools International (30 mila azioni). A far la parte del leone c’è Ipef Parters Limited (664 mila azioni), sigla londinese.
Osserva un operatore finanziario milanese: “Potrebbe esserci la presenza di Ipef nell’azionariato di Proman. Il mistero comunque è fitto”. E resta un mistero, per ora, la destinazione finale delle azioni Proman: rimarranno nelle mani delle due sorelle di Rubolino, o che fine faranno? E cosa c’è dietro il reticolo di sigle, incroci azionari, spesso e volentieri giocati oltremanica? Un gioco forse pericoloso?
Il 28 luglio scorso, poi, l’infarto. Una vita stroncata a 42 anni, dopo un’inutile corsa all’Aurelia Hospital, “dove però è giunto privo di vita”, commenta in un dettagliato reportage il Mattino. L’autopsia – scrive il solerte cronista, Dario Del Porto – “ha chiarito immediatamente la natura del malore”. E a scanso di equivoci aggiunge: “Del caso pertanto non è stata neppure interessata la procura di Roma”. E ancora, ad abundantiam: “sulle ultime ore dell’uomo non sembrano esserci misteri. Rubolino è stato colpito da un arresto cardiocircolatorio manifestatosi durante la notte nell’abitazione della capitale dove si era trasferito ormai da anni”.
Altri commenti nel racconto della cerimonia funebre – che si è svolta nella chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri, l’unica parrocchia dello Stato Vaticano – per la penna di un vaticanista doc, Alceste Santini. “Si può, quindi, dire che Giorgio Rubolino ha avuto il privilegio di avere avuto la celebrazione delle esequie, non solo in una chiesa ambita da molti nei momenti di gioia o di dolore come nel suo caso, ma in un luogo, qual è lo Stato Città del Vaticano, in cui la penitenza si intreccia con il perdono come sofferente superamento dei peccati e degli atti illeciti commessi nella vita”.
Equilibrismi logici e sintattici a parte, Santini riesce comunque a porsi qualche interrogativo. Per celebrare in Sant’Anna ci vuole la chiave giusta: “occorre una particolare autorizzazione – scrive Santini – ciò rivela che chi ne ha fatto richiesta aveva ed ha entrature nel mondo vaticano. I parenti? Gli amici? Non è dato saperlo”. Avvolti nel dubbio amletico, riusciamo però a sapere che fra le personalità presenti alla cerimonia c’erano “i parenti e gli amici di Giorgio, fra cui il senatore a vita Emilio Colombo e altri esponenti della borghesia napoletana”.
A officiare la messa funebre il cappellano delle guardie svizzere, Alois Jehle.
CASO SIANI A SENSO UNICO
Caso Siani. Chiuso per sentenza. La Cassazione ha ormai inchiodato i colpevoli dei clan torresi che – secondo la ricostruzione del pm Armando D’Alterio – decisero ed eseguirono quell’omicidio. Una volta tanto, la parola fine. Tutto chiaro, allora? Molti dubbi restano in piedi. Vediamo quali.
Il movente. Debole. Debolissimo. Un articolo scritto mesi prima. “Per punire lo sgarro”, hanno spiegato gli inquirenti. “In quell’articolo Siani faceva capire che i Nuvoletta avrebbero tradito i Gionta. Per mettere le cose a posto e recuperare l’onore, la cosa andava lavata col sangue”. Credibile? Possibile che una camorra allora più che mai rampante avesse deciso di tirarsi addosso riflettori, inquirenti, forze dell’ordine?
Un articolo non (ancora) scritto è molto più pericoloso di uno già scritto. Non ci vuole la maga per intuirlo, solo un minino di fiuto e buon senso. Quello che non sembra aver smarrito Amato Lamberti, presidente della Provincia di Napoli e a quel tempo (siamo nel 1985) responsabile dell’Osservatorio sulla camorra, avamposto, in quegli anni, per scrutare, capire e radiografare i movimenti, le mutazioni e le infiltrazioni della Camorra spa. Lamberti fu l’ultima persona a sentire Giancarlo, avevano appuntamento per la mattina dopo, ma “lontani dal Mattino”, come raccomandava Giancarlo. Un appuntamento andato a vuoto, perché la sera prima l’abusivo e ormai prossimo praticante giornalista veniva freddato a bordo della sua Mehari in piazza San Leonardo al Vomero, a un passo da casa. “Non era particolarmente preoccupato – ricorda Lamberti – però doveva dirmi una cosa che gli premeva. Ed era urgente. Stava lavorando ad un’inchiesta per la rivista dell’Osservatorio sugli intrecci politica-affari-camorra nell’area torrese. Uno dei grossi affari, allora, era rappresentato da un’area, il quadrilatero delle carceri. E lui stava mettendo il naso in quei rapporti, sia sui referenti locali, che su quelli più in su, di imprese e camorristi”.
A corroborare la tesi di Lamberti, un docente universitario, Alfonso Di Maio, padre di uno dei pm più in vista, oggi, alla procura di Salerno. La Voce lo intervistò dieci anni fa. “Avevo incontrato diverse volte Giancarlo in quegli ultimi mesi – affermava Di Maio – stava lavorando, mi raccontava, a una grossa inchiesta sugli appalti nell’area stabiese. In particolare, voleva capire se dietro al paravento di un’impresa ci fosse lo zampino di qualche politico eccellente e operazioni di riciclaggio della camorra”. Il nome dell’impresa era Imec (del gruppo Apreda, poi acquirente addirittura della Buontempo Costruzioni Generali), quello del politico Francesco Patriarca, ras gavianeo della zona, ex sottosegretario alla marina mercantile. Di Maio cercò di raccontare quei fatti alla magistratura. Senza riuscirci. “Mi presentai in procura. Parlai col dottor Arcibaldo Miller. Mi disse che ne avrebbe riferito al dottor Guglielmo Palmeri che seguiva di persona l’indagine. Sono andato due volte in procura, dietro appuntamento, ma non sono stato mai ricevuto. Allora non mi fu data la possibilità di verbalizzare quel che sapevo sulle ultime settimane di Siani”. Parole dure come pietre. Mentre decine e decine di testi hanno fatto passerella davanti alla mezza dozzina e passa di toghe che si sono alternate al capezzale di un processo quasi impossibile.
Del resto, é lo stesso fratello del cronista, Paolo, pediatra, a rivelare qualche ombra nell’inchiesta, un ‘buco nero’ rimane ancora oggi lì a lasciare spazio ai dubbi. “Giancarlo lascia la redazione di Castellammare – ricorda – va in cronaca di Napoli, scrive sempre meno di Torre ma si interessa sempre più della ricostruzione post terremoto e dei rapporti camorra-appalti. Stava preparando un libro e i materiali, dopo la sua morte, sono spariti”. Una ricostruzione che lega perfettamente con quelle di Lamberti e Di Maio.
Altri, però, ancora oggi in procura storcono il naso. “C’era un’altra pista, battuta soltanto in fase iniziale. E solo parzialmente. E’ la pista di via Palizzi, la casa di appuntamenti, i suoi segreti forse inconfessabili. Tanti anni fa ne parlò esplicitamente Corrado Augias nel suo Telefono GialloŠ poi il silenzio più totale”.
Chissà se il regista Marco Risi, arrivato un paio di volte a settembre a Napoli per completare il copione del film su Giancarlo (ispirato in parte a “L’abusivo”, il libro di Antonio Franchini, sceneggiatura dell’esperto di misteri Andrea Purgatori, ex Corsera), riuscirà a vedere oltre i muri di gomma che ancora circondano quella tragica morte. “Emerge – dice Risi alla Voce – un delitto tuttora carico di misteri e interrogativi rimasti senza risposta, nonostante i processi e le sentenze. Questa sarà la chiave del mio film su Giancarlo”.
GUARDIE E KILLER
Primavera vaticana ’98. Tre morti avvolte nel mistero. Sono le nove di sera e una suora – sulla cui identità verrà sempre mantenuto il più stretto riserbo – entra nell’alloggio di servizio del neo comandante delle Guardie Svizzere, Alois Estermann. Davanti ai suoi occhi una scena raccapricciante: tre corpi, in un mare di sangue, massacrati da revolverate. Quello di Estermann, di sua moglie Gladys Meza Romero e del vice caporale Cedric Tornay.
Ecco come ricostruisce i primi momenti dopo la scoperta Sandro Provvisionato, scrittore e giornalista, nel suo sito Misteri d’Italia. “Tra i primi ad arrivare sul luogo sono il portavoce del papa, Joaquin Navarro Valls, laico di origine spagnola, membro numerario dell’Opus Dei; monsignor Giovanni Battista Re, sostituto delle segreteria vaticana; e monsignor Pedro Lopez Quintana, assessore per gli Affari generali della Segreteria di Stato vaticana. La scena del delitto non viene sigillata, anzi già alla 21 e 30 sono decine le persone che si aggirano tra i cadaveri. Elementi di prova importanti vengono rimossi o spostati.
A differenza di altri episodi avvenuti all’interno del perimetro vaticano, come l’attentato al Papa, nessuna richiesta di collaborazione viene inoltrata alle autorità italiane. Delle indagini si occupa il Corpo di Vigilanza Vaticana. Prima ancora dell’arrivo del magistrato, il Giudice Unico Gianluigi Marrone che arriva sul posto un’ora dopo, mani ignote hanno già provveduto a perquisire non solo l’ufficio, ma anche l’appartamento di Estermann e l’alloggio di Tornay. Quando i corpi verranno rimossi, non sarà adottata alcuna precauzione utile alle indagini. Anche l’autopsia sui tre cadaveri si svolgerà all’interno delle mura vaticane”.
Detto fatto, non passano nemmeno tre ore – siamo a mezzanotte – e l’infaticabile Navarro Valls può sentenziare: “I dati finora emersi permettono di ipotizzare un raptus di follia del vice-caporale Tornay. E’ tutto molto chiaro, non c’è spazio per altre ipotesi”. Caso dunque chiuso in 180 minuti, per Valls. Uno 007 perfetto, capace anche di estrarre dal magico cilindro la prova delle prove: una lettera, nientemeno che una lettera d’addio, affidata qualche ora prima (le 19 e 30, precisa Navarro) a un commilitone dal folle vice-caporale con una lacrima e queste parole: “Se mi succede qualcosa, consegnala ai miei genitori”.
Spiega il portavoce-detective nella rapidissima conferenza stampa, che risolve a tempi di Guinness una matassa altrimenti destinata a intrecciarsi negli anni: la missiva – precisa – è stata consegnata al Giudice Marrone, il quale la darà ai parenti di Tornay in arrivo a Roma. “Spetterà ai familiari del vice caporale – aggiunge Valls – decidere se rendere noto il contenuto della lettera oppure no”. Commenta Provvisionato: “Nella fretta l’astuto portavoce della Santa Sede non si rende conto di aver commesso un errore macroscopico. Come si può conciliare un raptus di follia con una lettera scritta almeno un’ora e mezza prima dello stesso raptus? Spesso la fretta è cattiva consigliera”.
Intanto circola già qualche indiscrezione sull’imminente uscita del nuovo libro-choc di Ferdinando Imposimato (autore, con Provvisionato, del volume d’inchiesta sullo scandalo Tav). Al centro, rivelazioni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, figlia di una guardia vaticana. Che secondo l’ex magistrato, sarebbe ancora viva.
«I soldi di Riina riciclati in Vaticano»
Lo Ior – dichiara Marino Mannoia – incassò i miliardi di Cosa Nostra
Francesco Marino Mannoia non è un pentito qualsiasi e non fu nemmeno un mafioso qualsiasi. La sua collaborazione con la giustizia avvenne in epoche non sospette. Era il 1984 quando questo boss intimo di Stefano Bontate, morto da tre anni per mano di sicari di Riina, decise di rompere il muro dell’omertà per confessare a Giovanni Falcone ciò che sapeva di Cosa Nostra. La sua testimonianza fu preziosa nel primo maxi processo. Grazie a Mannoia – le cui dichiarazioni furono oggetto di dettagliatissimi riscontri del pool di Caponnetto – alcuni padrini vennero condannati all’ergastolo, moltissimi mafiosi a pesanti pene detentive. Ebbene, due giorni fa a Palermo proprio Mannoia, interrogato in video-conferenza dagli Stati Uniti ove di trova sotto protezione federale, nell’ambito del processo a Marcello Dell’Utri, ha dichiarato: «Licio Gelli investiva il denaro dei Corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano (lo Ior -ndr)». Poi ha aggiunto che questa notizia la apprese dal suo capo di allora, Bontate, che gli raccontò come Pippo Calò e i Madonia fossero in affari con Gelli che riciclava i loro capitali usando lo Ior. Mannoia, infine, ha concluso la deposizione dicendo: «Come Bontate e Inzerillo avevano Sindona, gli altri avevano Gelli». Questa tremenda ricostruzione fatta dall’ex braccio destro del capo dei capi della mafia siciliana offre una spiegazione – fra l’altro – alle auto-bomba fatte esplodere dalla mafia a Roma davanti a due chiese nell’estate del 1993. Papa Wojtyla, ricorderete, aveva da poco pronunciato in Sicilia un vibrante atto d’accusa contro Cosa Nostra scagliando la scomunica sui mafiosi. Ma come, si saranno detti i boss. Prima incassate i nostri soldi, poi ci bollate in eterno? No! Vendetta! Quando si osserva, in ultimo, che una delle esplosioni devastò la basilica del cardinale Ugo Poletti, tutti i tasselli vanno al loro posto.
Ambrosiano
Nella mattina del 18 giugno 1982 viene scoperto il corpo dei banchiere milanese Roberto Calvi, a capo dei Banco Ambrosiano, impiccato a una impalcatura sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra. Le tasche del suo elegante vestito sono riempite di pietre e di denaro d’ogni sorta di valuta. Durante gli anni, la tesi dei suicidio sarà difesa con ostinazione, malgrado il parere contrario della maggioranza degli investigatori della prima ora.
Nato nel 1920, Roberto Calvi era entrato in servizio all’Ambrosiano nel 1946. Alla fine degli anni ’60 aveva conosciuto il “banchiere della mafia” Michele Sindona, e le relazioni d’affari tra i due erano divenute fiorenti. Nel 1975 Calvi viene eletto presidente del consiglio d’amministrazione dell’Ambrosiano. Lo stesso anno diventa membro della loggia P2, che era stata creata da Licio Gelli e di cui faceva parte pure Michele Sindona.
Nel Lussemburgo ritroviamo Calvi non solamente nelle holding dei gruppo Ambrosiano, ma anche come membro dei consiglio d’amministrazione della Kreclietbank Luxembourg (che occupa, in Cedel, un posto di primo piano). D’altra parte, la principale loggia massonica lussemburghese lo accetta tra le sue fila, mentre rifiuta l’ammissione a Michele Sindona sapendo che questi era stato condannato in Italia nel 1976 e che era stato arrestato negli Stati Uniti.
Il Banco Ambrosiano, la cui creazione risale al 27 agosto 1896, era tra le numerose banche private italiane legate al Vaticano. Raccomandata alla protezione di Sant’Ambrogio, la banca non si era mai particolarmente distinta per i suoi affari. Quando la Santa Sede aveva cercato di eludere la legislazione bancaria italiana – e in particolare le restrizioni che riguardavano le operazioni di cambio sul mercato delle valute – i molto venerabili finanzieri del Vaticano avevano utilizzato le filiere mafiose di Sindona per istradare grosse somme fuori dal Paese, sotto il naso di tutti gli organismi di controllo.
All’interno dei Vaticano, è l’Istituto per le Opere di Religione (IOR) spesso chiamato la “Banca del Vaticano”, che organizza questo traffico. Alla testa dello IOR, l’arcivescovo Marcinkus aveva, in un primo tempo, utilizzato le filiere offerte da Sindona. Poi, quando quest’ultimo era diventato meno frequentabile, a seguito dei suoi debiti con la giustizia, si era servito di Roberto Calvi e della sua banca. All’inizio degli anni ’70, Marcinkus prese una decisione le cui ripercussioni e successive conseguenze avrebbero potuto, da sole, suffragare la tesi che voleva che Papa Giovanni Paolo I, il “Papa del sorriso”, fosse stato assassinato. Marcinkus aveva in effetti ordinato l’arresto delle attività della Banca Cattolica del Veneto e la sua integrazione all’interno dell’Ambrosiano, senza né consultare né informare il consiglio d’amministrazione della banca così assorbita. Ora, la Banca Cattolica del Veneto era la banca privata al servizio del patriarca di Venezia e il suo presidente non era nientemeno che Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I.
Il Vaticano si è evoluto: da gestore di anime ed elemosine, essendo stato espropriato e avendo visto il proprio patrimonio ridotto alla più semplice espressione dopo le confische di cui fu vittima nel corso del Risorgimento, a partire dal 1870 la Santa Sede è diventata una potenza finanziaria che gestisce fortune tanto colossali quanto discrete nell’economia mondiale. “Immaginare il Papa come una specie di presidente del consiglio di sorveglianza può scioccare qualcuno, ma non dobbiamo dimenticare che il Vaticano è un’istituzione vecchia di tanti secoli che, per quanto riguarda il denaro, ha sempre saputo essere all’altezza dei tempi”.
Non si tratta che di giustizia se, durante la grande crisi economica e finanziaria degli anni ’20, il Vaticano rischiò il fallimento. Dopotutto, quelli erano i tempi! Già nel 1880, l’aristocrazia e l’alta borghesia romane, che avevano tradizionalmente degli stretti legami con la Chiesa, avevano creato il Banco di Roma a unico vantaggio dei Vaticano. Il suo scopo: riacquistare, con un plusvalore sostanziale, i terreni e gli immobili da cui il Vaticano doveva separarsi per mantenere liquidità. Inoltre questa banca doveva acquisire delle partecipazioni maggioritarie, in vista della successiva cessione al Vaticano, nelle società di servizi urbani (acqua, gas, elettricità, trasporti pubblici … ). Inutile dire che, dopo diciotto anni di favoritismo nei confronti dei Vaticano, la banca si trovò rovinata nel 1898.
Il deus ex machina delle finanze vaticane, Bernardino Nogara, salvò la Banca di Roma dal fallimento. La manna celeste che permise ai finanzieri del Vaticano di risorgere a miglior fortuna arriverà tra le righe dei Patti Lateranensi, conclusi nel 1929 con Mussolini. Nel quadro di questi accordi, la Chiesa ricevette un’indennità di 90 milioni di dollari a riparazione per i beni immobiliari confiscati dallo Stato dal 1870 e per la perdita dei suo potere secolare.
Questo denaro venne affidato a un genio della finanza, Bernardino Nogara, ex vicepresidente della Banca Commerciale Italiana. Nel 1968, dieci anni dopo la morte di Nogara e quaranta anni dopo i Patti Lateranensi, le varie partecipazioni del Vaticano nell’industria, nella finanza e nei servizi venivano stimate in otto miliardi di dollari. La massima di Nogara era semplice ed efficace: “Il programma d’investimenti del Vaticano non dovrà essere ostacolato da considerazioni religiose”. I suoi “eredi” l’hanno, dalla sua morte, applicata alla lettera – ma con più o meno scrupoli.
Dopo Nogara, il Vaticano ricorse ai servizi di Sindona e poi, quando questo divenne non più frequentabile, a quelli di Roberto Calvi. Bisognerà attendere il fallimento dell’Ambrosiano, che seguirà la morte di Calvi, per scoprire l’implicazione colossale del Vaticano negli affari illeciti operati da Sindona e Calvi. Sindona morirà assassinato nella sua cella nella prigione di Voghera il 22 marzo 1986, dopo aver bevuto una tazza di caffè avvelenato con il cianuro. Sindona e Calvi non sono che due dei cadaveri eccellenti di questa vicenda.
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IL CASO IOR
La proposta era davvero invitante: nelle austere e vellutate stanze del Vaticano si nascondeva la possibilità di un investimento finanziario a tassi astronomici. Interessi fino al tredici per cento senza alcun rischio per il capitale. Percentuali del diciotto per cento in occasione del Giubileo. Insomma, un vero affare. Del resto, chi non affiderebbe i propri risparmi nientemeno che a San Pietro, allo Ior, il celebre e talvolta famigerato istituto per le opere religiose che agisce sui mercati internazionali come vera e propria struttura di credito?
L’investimento, però, aveva bisogno di qualcuno interno al Vaticano: nello Ior, infatti, possono movimentare capitali solo appartenenti al clero o laici interni al piccolo stato cattolico. Una persona c’era, in effetti, e le credenziali erano di tutto rispetto. Tanto da indurre un agente immobiliare salernitano, benestante, figlio di un prefetto a riposo, a vendere alcuni appartamenti e a investire tutto il patrimonio nell’operazione.
Giovanni Rossi, 50 anni, celibe, di Salerno, non ci ha pensato due volte: ha preso il gruzzolo (circa un miliardo e mezzo di vecchie lire) e lo ha affidato (così dichiara in una denuncia presentata alla magistratura) a un dipendente del Vaticano, tale Domenico Stefano Licciardi, 65 anni, nativo di Ficarazzi (Palermo) e residente a Roma da molti anni. Sposato, tre figli, Licciardi lavora come ragioniere all’autoparco del Vaticano. E’ prossimo alla pensione ma quando è entrato in contatto con Rossi era ben inserito nell’ambiente ecclesiale: parente di alcuni sacerdoti, amico personale di volontari cattolici e persone importanti della gerarchia vaticana.
Secondo Giovanni Rossi, l’incontro con Licciardi ha rappresentato la sua rovina. In un voluminoso e documentato dossier l’agente immobiliare traccia la cronistoria di questo tormentato rapporto: ne è scaturita una denuncia per truffa presentata sia a Nicola Picardi (Promotore di Giustizia del tribunale vaticano) sia alla Procura della Repubblica di Roma. Dalla denuncia (di cui al momento non esistono ancora riscontri d’inchiesta, eccetto i documenti prodotti dallo stesso Rossi) emerge un quadro inquietante, che ricostruiamo attraverso la cronistoria messa nero su bianco dall’immobiliarista salernitano.
ASSEGNI & INTERESSI
“La formula – dice Rossi – era semplice: io fornivo a Licciardi i miei risparmi in decine di assegni circolari di piccolo taglio. Lui diceva di investirli allo Ior: come garanzia mi dava alcuni assegni bancari firmati da lui, senza data, con la cifra del capitale più gli interessi (tredici per cento). Restava inteso che non avrei incassato gli assegni senza prima avvertirlo. Se avessi voluto continuare l’investimento, lui avrebbe ritirato il vecchio assegno e me ne avrebbe dato uno nuovo; altrimenti, a suo dire, mi avrebbe restituito i soldi”.
Continua la minuziosa descrizione. “Licciardi utilizzava questo meccanismo già con mio padre, Pierino Rossi, prefetto in pensione, e con le sue sorelle, Orsola e Carmen, oltre che con mio zio Filippo De Iulianis, questore in pensione. Quando è morto mio padre, io e mia sorella Patrizia abbiamo ereditato circa 700 milioni, che erano in mano a Licciardi. Mia sorella si fece dare la sua parte, io decisi di lasciarla a Licciardi per proseguire l’investimento. La persona mi sembrava molto affidabile: mi riceveva a casa sua con tutti gli onori, era conosciuta nell’ambiente ecclesiale come uomo buono, generoso, disponibile; faceva catechesi: diceva di essere amico di monsignor Crescenzo Sepe, organizzatore del Giubileo, di monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma e di altri prelati. Era impossibile non fidarsi di lui”.
“In prossimità del Giubileo – continua Rossi – nel periodo ’96 -’98 Licciardi mi prospettò la possibilità di un nuovo investimento per l’anno Santo, con interessi al diciotto per cento. Mi convinse così a vendere due appartamenti, uno a Napoli (Santa Lucia) e uno a Como. Gli consegnai circa 900 milioni delle vecchie lire, che avrei potuto ritirare con gli interessi solo dopo il Giubileo”.
“Questi soldi – continua Rossi – Licciardi li volle in assegni circolari di piccolo taglio, intestati anche a una lista di amici suoi. Tra questi mi fece intestare alcuni assegni a monsignor Di Tora e a Chiara Amirante, considerata una delle giovani più importanti e attive nel volontariato romano. Lui diceva che questi nomi erano la garanzia per me che si trattava di una cosa seria. Io, del resto, non ho mai avuto dubbi. Mio padre si fidava ciecamente di Licciardi e così le mie zie. Gli ho affidato i miei risparmi a occhi chiusi”.
Ma ecco che iniziano a sorgere i primi sospetti. Così continua la denuncia: “Ho cominciato a capire che c’era qualcosa di strano quando nel 1999 gli chiesi di chiudere l’investimento dei soldi di mio padre e di restituirmi i circa 300 milioni di lire. Ero convinto che non avrei trovato problemi a incassare gli assegni che avevo in mano, ma lui cominciò a chiedere rinvii, a trovare scuse. Mi convinse addirittura a fare un viaggio in Svizzera per prelevare i soldi da una banca, ma nulla. Erano viaggi a vuoto. Alle mie sollecitazioni, Licciardi prendeva tempo: firmava delle impegnative, riconoscendo il debito e dichiarandosi pronto a pagarlo a scadenze precise. Ma ad ogni scadenza, nulla. Quando ho cominciato a muovere seriamente delle rimostranze e a prospettare azioni legali ha cambiato atteggiamento nei miei confronti, ha cominciato addirittura a minacciarmi di morte, vantando amicizie nella malavita siciliana e romana. Queste minacce mi sono state mosse davanti a un testimone (di cui si fa il nome nel dossier-denuncia, ndr) e mi hanno ridotto a uno stato di grave prostrazione psico-fisica”.
Prosegue l’inquietante racconto di Rossi: “Quando, nel dicembre del 2001, stufo dei rinvii, ho deciso di rientrare in possesso di tutto il mio capitale, ho portato in banca gli assegni che mi erano stati dati in garanzia da Licciardi. Erano quattro assegni bancari: tre della Banca Nazionale dell’Agricoltura (agenzia 1, via Appia Nuova, Roma) e uno della Banca di Roma. L’importo complessivo era di più di due miliardi di vecchie lire, il capitale più gli interessi. Ho depositato gli assegni il 27 dicembre. Il 4 gennaio i notai Giuseppe Tarquini e Fabrizio Polidori di Roma hanno comunicato alla mia banca che gli assegni non erano incassabili: il conto della Banca Nazionale dell’Agricoltura (numero 954 t) era stato estinto alcuni anni prima, mentre sul conto del Banco di Roma non c’era sufficiente disponibilità rispetto agli importi”.
In pratica, “Licciardi risultava così protestato. E per me – denuncia ancora Rossi – svaniva la possibilità di rientrare in possesso dei miei soldi. Quell’investimento si è rivelato un raggiro che mi ha ridotto sul lastrico. Così mi sono deciso a sporgere denuncia”. Prima ha inviato una lettera a carabinieri, polizia e magistratura; poi un dossier al tribunale vaticano e alla procura di Roma. “Lo stesso hanno fatto le mie zie – aggiunge – vittime anche loro del tranello. Io in tutto ci ho rimesso un miliardo e mezzo, che sarebbero dovuti diventare, con gli interessi promessi, due miliardi e mezzo: speriamo di avere giustizia e di tornare in possesso dei nostri capitali”.
PROTAGONISTI IN CAMPO
Originario di Palermo, Domenico Stefano Licciardi è emigrato a Roma circa trenta anni fa: pare che un suo parente fosse dentro la gerarchia ecclesiale. Entrò in Vaticano, nell’autoparco, come ragioniere e divenne un attivista cattolico. E’ stato per molti anni uno dei fedeli più attivi della parrocchia di San Policarpo a Roma, nel quartiere di Cinecittà. “Noi lo conosciamo – racconta un sacerdote che sostituisce monsignor Antonio Antonelli, attuale parroco – ma è un po’ che manca dalle attività parrocchiali. So che nel passato ha fatto catechesi e che lavora in Vaticano”. “Mi sembra che un suo parente – aggiunge Giuseppe, un altro parrocchiano – sia stato parroco a Monreale, mentre un lontano cugino, che porta il nome di uno dei figli, era poliziotto, ma avrebbe avuto problemi con la giustizia”.
Licciardi è sposato con Ivana Ceccarelli, casalinga e ha tre figli: Settimio, macchinista delle ferrovie, Antonino, impiegato anch’egli in Vaticano, Franca, vigile urbano. La casa in cui i Licciardi abitano, a Cinecittà, è intestata a quest’ultima. La moglie di Licciardi, contattata telefonicamente dalla Voce, ha rifiutato ogni commento, ha negato ripetutamente la presenza del marito in casa. Modi decisamente più bruschi da parte dei figli Franca e Antonino, che alla richiesta di un colloquio per sentire la loro versione, hanno reagito duramente, interrompendo la comunicazione e rifiutando ogni contatto successivo.
Tra le amicizie vantate da Licciardi c’è quella con monsignor Guerino Di Tora. In effetti, Di Tora è stato per anni parroco di San Policarpo, prima di passare a reggere la Basilica di Santa Cecilia a Trastevere, una delle più importanti di Roma. Di Tora è personaggio di primo piano della chiesa capitolina. Attualmente è direttore della Caritas romana, subentrato a don Luigi Di Liegro.
E Di Tora è anche presidente di un fondo antiusura: si chiama “Salus Populi Romani”, ha sede nella capitale, a piazza San Giovanni in Laterano, ed è nato nel 1996. Dichiara di aver esaminato quasi 1400 casi e di aver concesso crediti personali per un importo di quattro miliardi e mezzo, con l’aiuto e le garanzie di due istituti di credito convenzionati. “La fondazione è un istituto a carattere regionale per prevenire il fenomeno dell’usura – spiega un operatore – concediamo prestiti alle persone che non potendo accedere al sistema bancario finirebbero facilmente nelle mani degli strozzini. Per coloro che già si trovano sotto usura aiutiamo a trovare il percorso per uscirne”. A Roma sono in funzione tre centri d’ascolto: uno di questi è proprio nella parrocchia di San Policarpo, quella dove svolgeva catechesi Licciardi.
A Di Tora risulta intestato uno degli assegni circolari con cui Rossi trasferiva il capitale a Licciardi. Sarebbe stato proprio quest’ultimo a fare il nome del monsignore e a chiedere all’agente immobiliare salernitano di intestargli un assegno. Il titolo è stato rilasciato il 22 ottobre 1996 dal Monte dei Paschi di Siena, agenzia 1 di Salerno, ed è stato girato per l’incasso dallo stesso Di Tora il 24 ottobre del ’96 presso il Credito Italiano, agenzia 2008 (nel dossier inviato alla Procura ci sono copie dell’assegno con la girata autografa di Di Tora).
Altri assegni risultano intestati e girati per incasso alla Elemosineria apostolica, a Mario Giamboni, a Chiara Amirante (fondatrice di alcune associazioni di volontariato e molto nota a Roma per la sua attività di recupero a favore di barboni e tossicodipendenti), Francesco Vigliarolo, Mario Napoleoni.
A dare il via all’investimento è stato il padre di Giovanni, Pierino Rossi, deceduto nel ’91, una carriera nella burocrazia, una lunga attività anche alle prefetture di Napoli e Como (da qui l’acquisto di case in queste città). La moglie, un’anziana signora, è in vita e risiede a Roma con la figlia Patrizia, che ha sposato un imprenditore romano, Lucio Tambescia. Il prefetto Rossi avrebbe cominciato nel 1986 a dare soldi a Licciardi, sperando in un buon rendimento. Licciardi gli era stato presentato dalle sorelle, che risiedevano a Roma e dal cognato, Filippo De Iulianis, questore in pensione, altro vicino di casa di Licciardi. Anche le sorelle Rossi avrebbero tentato l’investimento, senza fortuna.
Attualmente il dossier è nella mani del Tribunale vaticano, dove la pubblica accusa è retta dal cosiddetto Promotore di Giustizia, incarico ricoperto dall’avvocato marchigiano Nicola Picardi, docente universitario a Roma. Rossi si è appellato anche al cardinale Cerri, tesoriere dello Ior e alla commissione cardinalizia che ha accesso ai conti dell’Istituto. Il dossier denuncia è stato presentato anche alla Procura della repubblica di Roma, che è competente per territorio visto che Licciardi è cittadino italiano e risiede nella capitale. Spetterà a questi organismi fare luce nelle prossime settimane sull’ ennesimo intrigo targato Ior, che potrebbe anche estendersi e configurare un giro d’affari più ampio, gettando nuove ombre sul rapporto tra finanza e Vaticano.
MAI DIRE IOR
Dici Ior e pensi alle trame torbide della finanza degli anni Settanta e Ottanta. Monsignor Paul Marcinkus, Michele Sindona, Roberto Calvi: questi sono solo alcuni dei nomi che nella storia finanziaria italiana hanno incrociato destini e scandali con l’istituto per le opere religiose del Vaticano. Ma lo Ior emerge anche in altre inchieste giudiziarie, come quella, più recente, della Procura di Torre Annunziata su un traffico internazionale d’armi che vide coinvolti il leader nazionalista russo Vladimir Zhirinovski e l’arcivescovo di Barcellona Ricard Maria Charles.
Creato nel 1941 da papa Pio XII, lo Ior è una banca senza sportelli ma con mille ramificazioni. L’unica sede è nel Vaticano: vi si accede dalla Porta di sant’Anna, una delle quattro del colonnato di Bernini. Al Cortile di san Damaso si aprono quattro ingressi, uno di questi (il cortile del Maresciallo) conduce allo Ior. I locali interni sono sobri e silenziosi, animati da giovani seminaristi che raccolgono i sussidi per studiare o da suore che depositano i risparmi per i conventi. Come in tutte le banche che si rispettino i clienti di peso vengono ricevuti all’interno, nelle stanze della direzione.
L’Istituto è un organismo finanziario vaticano – secondo una definizione data dal cardinale Agostino Casaroli – ma non è una banca nel senso comune del termine. Lo Ior utilizza i servizi bancari, però l’utile non va, come nelle banche normali, agli azionisti (che nel caso dello Ior non ci sono) ma risulta a favore delle “opere di religione”.
A ogni cliente viene fornita una tessera di credito con un numero codificato: né nome né foto. Con questa si viene identificati: alle operazioni non si rilasciano ricevute, nessun documento contabile. Non ci sono libretti di assegni intestati allo Ior: chi li vuole dovrà appoggiarsi alla Banca di Roma, convenzionata con l’istituto vaticano. I clienti dello Ior possono essere solo esponenti del mondo ecclesiastico: ordini religiosi, diocesi, parrocchie, istituzioni e organismi cattolici, cardinali, vescovi e monsignori, laici con cittadinanza vaticana, diplomatici accreditati alla Santa Sede. A questi si aggiungono i dipendenti del Vaticano e pochissime eccezioni, selezionate con criteri non conosciuti.
Il conto può essere aperto in euro o in valuta straniera: circostanza, questa, inedita rispetto alle altre banche. Aperto il conto, il cliente può ricevere o trasferire i soldi in qualsiasi momento da e verso qualsiasi banca estera. Senza alcun controllo. Per questo, negli ambienti finanziari, si dice che lo Ior è l’ideale per chi ha capitali che vuole far passare inosservati. I suoi bilanci sono noti a una cerchia ristrettissima di cardinali, qualsiasi passaggio di denaro avviene nella massima riservatezza, senza vincoli né limiti. Si racconta, tra leggenda e realtà, che quando Giovanni Paolo II, dopo lo scandalo Calvi, chiese l’elenco di tutti i correntisti dello Ior, si sentì rispondere: “spiacenti, santità, ma la riservatezza dei clienti è sacra”.
Lo Ior, che ha una personalità giuridica propria, è retto da un “Consiglio di soprintendenza” controllato da una Commissione di cinque cardinali: si tratta del nucleo di vigilanza. I porporati, però, non hanno generalmente alcuna competenza finanziaria. Il loro dovrebbe essere un controllo morale. Un ruolo più tecnico è svolto dal “Consiglio di amministrazione” composto di cinque laici ed un direttore generale. L’Istituto intrattiene rapporti valutari e creditizi con clienti e banche italiane, opera attivamente sul mercato finanziario internazionale, gioca in borsa, investe, raccoglie capitali; tuttavia, come istituto estero, non è sottoposto ad alcun controllo da parte delle autorità di vigilanza italiane.
DA CARBONI A PISANU
Nella storia dello Ior entrano tutte le facce dell’Italia degli intrighi: oltre ai banchieri, anche faccendieri del calibro di Francesco Pazienza e Flavio Carboni. Quest’ultimo, piccolo imprenditore sardo all’epoca legato ad ambienti politici della sinistra Dc, amico di Armando Corona, repubblicano e Gran Maestro della Massoneria, socio del Gruppo editoriale l’Espresso, era bene introdotto in alcuni uffici vaticani e rappresentò il ponte tra Roberto Calvi, Vaticano e politica.
Carboni conobbe Calvi in Sardegna nel 1981 e riuscì presto a conquistare la fiducia del banchiere, mettendogli a disposizione le sue preziose conoscenze al governo, con in testa un sottosegretario, democristiano e anche lui sardo, Giuseppe Pisanu, che oggi ritroviamo, con abito nuovo, sotto le insegne di Forza Italia, a reggere il ministero dell’Interno.
In quel periodo, Calvi finì in carcere, tentò il suicidio, fu condannato a quattro anni ma tornò in sella al Banco Ambrosiano fino alla misteriosa morte: fu trovato impiccato sotto il ponte dei frati neri a Londra. Caso archiviato come suicidio, ma sempre avvolto nel mistero. Fino alle clamorose dichiarazioni rilasciate un paio di mesi dai familiari del banchiere, che escludono categoricamente il suicidio e con ogni probabilità porteranno a una riapertura del caso.
Così come misteriosa è la morte dell’altro “banchiere di Dio”, Michele Sindona, ucciso da una tazzina di caffè avvelenato nella sua cella del carcere di Palermo. Anche Sindona, negli anni Settanta e Ottanta, ha avuto strettissimi rapporti con lo Ior e il Vaticano. Il banchiere avrebbe conosciuto Paolo VI fin da quando questi era arcivescovo di Milano e sarebbe entrato nelle sue grazie fino a ricoprire un ruolo (ovviamente occulto) di primo piano allo Ior: il suo compito sarebbe stato quello di mettere a frutto tutte le sue conoscenze del mondo della finanza internazionale per trasformare lo Ior in un istituto capace di muoversi agevolmente nelle speculazioni borsistiche. Pare che Sindona abbia adempiuto a tale compito senza andare troppo per il sottile: e così sarebbero entrati nelle casse vaticane soldi senza colore e senza odore, provenienti da tutte le parti del mondo.
GLI AFFARI DI TOTO’
“Licio Gelli investiva il denaro dei Corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano”. A dirlo non è una persona qualsiasi. È Francesco Marino Mannoia, pentito di mafia in tempi non sospetti. Ruppe gli indugi nel 1984, uno tra i primi con Masino Buscetta. Mannoia era uomo di fiducia di Stefano Bontate, ucciso per mano di sicari di Riina. Dopo l’omicidio di Bontate, Mannoia cercò il giudice Giovanni Falcone e cominciò a raccontare Cosa Nostra. La sua testimonianza fu preziosa nel primo maxi processo. Grazie a Mannoia alcuni boss vennero condannati all’ergastolo.
Quando Mannoia è stato chiamato, alcuni mesi fa, a deporre in video-conferenza dagli Stati Uniti, nell’ambito del processo a Marcello Dell’Utri, ha rivelato che “i soldi della mafia sono finiti per anni nelle casse dello Ior, che garantiva investimenti e discrezione”. Ovviamente era necessario un tramite, che per Mannoia era diverso a seconda dei rami della mafia siciliana. Secondo il pentito, i Madonìa erano in affari con Sindona, Riina con Gelli: uguale la destinazione dei capitali.
Mannoia, nella sua ricostruzione va oltre e dice: “Quando il Papa venne in Sicilia e pronunciò un discorso duro contro la mafia, scomunicando i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due autobombe davanti a due chiese a Roma”. Vera o fantasiosa che sia l’ultima parte della dichiarazione (non esistono riscontri giudiziari), resta il fatto che ancora una volta lo Ior fa la sua comparsa sulla cronaca accoppiato a una trama oscura.
DA http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/A-proposito-di-Vaticano-/D6669057.html Tuesday, August 14, 2007 11:00 PM
Ho sempre sostenuto che uno dei mali del nostro Paese è la sua mancanza di memoria. Da vari anni si aggiunge a questa grave malattia una ignoranza crassa dei miei concittadini che non leggono più, non studiano più e vivono alla giornata sperando in un colpo di successo. Ciò che è peggio è la completa dedizione alla TV ed alla sua informazione. Così, alla fine noi abbiamo il buono e santo potere della Chiesa che non si mescola con le malvagità del mondo per pensare solo allo spirito, al bene, a cose non di questa terra. Più volte ed in più sedi ho provato a dire che l’origine secolare della gran parte dei mali che affliggono particolarmente l’Italia discendono direttamente dalla Chiesa, da questa organizzazione parassita che divora ogni ricchezza, che non paga ciò che dovrebbe che offre protezioni ad ogni criminale che ha agito contro l’umanità, in cambio di denaro e potere. I nostri padri risorgimentali avevano fatto una grande operazione nel ricacciare la Chiesa dentro le mura leonine. Abbiamo vissuto una sessantina d’anni di laicità sanissima. Ma poi l’altro Cavaliere, Benito Mussolini, nel 1929 faceva con quella Chiesa un Concordato che le ridava tutto il potere ed il denaro (con moltissimi interessi). E questo solo per avere sostegno al suo traballante potere. Il sostegno venne e la Chiesa divenne fascista. Vi sono filmati della CEI (fatti vedere in TV dalla trasmissione di cultura ebraica, che va in onda la notte, insieme ai film porno) in seduta plenaria che riceve Mussolini. Al suo ingresso in sala, tutti i cardinali scattano in piedi e salutano romanamente (agghiacciante!).
In nome di quella memoria, per chi è ancora in grado di leggere e capire, riporto alcuni articoli che documentano i crimini delle gerarchie della Chiesa, crimini in itinere e non chiusi in qualche angolo del passato. Giudicate voi ed approfondite quanto qui leggete andando a cercare notizie in libreria perché non ve le darà la TV (a parte Lucarelli e Minoli ma, anche loro, lavorano all’ora porno). Tanto per iniziare vi è un libro edito da Pironti (1989), In nome di Dio, e scritto da David A. Yallop.
IOR, ISTITUTO PER LE OPERE DI RELIGIONE
Lo IOR è la banca centrale del Vaticano ed è allo stesso tempo riconosciuto come un istituto di credito ordinario. E’ stato creato nel 1941 da PIO XII con la funzione di amministrare i capitali degli ordini religiosi, degli istituti religiosi maschili e femminili, delle diocesi, delle parrocchie e degli organismi vaticani di tutto il mondo. E’ una banca molto particolare, infatti non ha sportelli, in compenso ha molti clienti. Lo IOR è stato e continua ad essere molto ambito per chi possiede capitali che vuol far passare “inosservati”. I suoi bilanci sono noti solo al Papa e a tre cardinali. Lo IOR è il centro di una organizzazione mondiale di banche controllate dal Vaticano. Molto semplice è, attraverso lo IOR, qualsiasi trasferimento di denaro senza limiti ne’ di quantità né di distanza, con la garanzia della assoluta riservatezza. Per molto tempo a capo dell’Istituto e’ stato Paul Marcinkus, cardinale coinvolto in numerosi scandali.
La Banca Vaticana
Estratto dal libro: «Tutto quello che sai è falso»
Molti credono che la Banca Vaticana sia una leggenda; dopo tutto la Città del Vaticano – luogo di palazzi, musei e cattedrali – cosa se ne fa di una banca? Ma la Banca del Vaticano esiste nel cuore della Città del Vaticano (vicino a Porta Sant’Anna), in una torre chiusa agli estranei. Ufficialmente la Banca Vaticana è nota come l’istituto per le Opere di Religione o IOR. In ogni caso la religione ha ben poco a che fare con la Banca, a meno che ci si riferisca ai cambiavalute che si sono nella chiesa.
«E Gesù entrò nel Tempio di Dio, e scacciò tutti coloro che compravano e vendevano nel tempio, rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie di coloro che vendevano le colombe» [ Matteo 21:12, versione di Re Giacomo ]
Mentre i cambiavalute stavano semplicemente fornendo un servizio, in modo che le tasse del tempio potessero essere pagate, la Banca Vaticana è stata coinvolta in evasione fiscale, imbrogli finanziari e riciclaggio di oro nazista. Il Papa, come unico azionista della Banca Vaticana, è uno degli uomini più ricchi al mondo e, per associazione, uno dei meno etici.
La Banca Vaticana ha la particolarità di essere una delle istituzioni finanziarie più riservate al mondo. In realtà si sa molto poco di essa se non quelle poche informazioni che il Vaticano rilascia. (…)
I possedimenti della Banca Vaticana sono un assunto spinoso e apparentemente un grande mistero, sempre che si creda al Vaticano. Una delle autorità più affidabili era Padre Thomas J. Reese, SJ, autore, di parecchi libri riguardanti la Chiesa Cattolica, inclusi i bestsellers «Inside the Vatican» e «Archbishop».
Basandosi sulle sue interviste ai membri del Vaticano, Reese dedica un intero capitolo di «Inside the Vatican» alle finanze papali. Reese era abbastanza sicuro riguardo al fatto di chi possedesse la Banca Vaticana: «lo IOR è in un certo senso la Banca del Papa, che è il solo e unico azionista. Lo possiede, lo controlla» (…)
Maggiori informazioni riguardo lo IOR possono essere raccolte dalle cause civili e penali. Il Papa fondò il precursore dello IOR nel 1887, che si chiamava Commissione per le Opere Pie. Nel 1941 la Commissione fu trasformata nell’Istituto per le Opere Religione «a scopo di lucro» attraverso l’emissione di statuti promulgati con l’approvazione di Pio XII. Il nucleo centrale su cui lo IOR era fondato consisteva nei capitali della Santa Sede. L’eccedenza dei profitti, se ci fosse stata, sarebbe stata affidata alla Santa Sede; recentemente lo IOR è diventato sia una risorsa per i fondi operativi del Vaticano sia una passività corrente, come nel caso «Alperin contro la Banca Vaticana».
La posizione pubblica della banca è quella di esser sempre stata fedele al suo statuto ed esiste per servire la Chiesa, come previsto dalle norme della banca, chiamate chirografi. La Santa Sede è il governo ufficiale sia della Chiesa Cattolica di Roma sia della Città del Vaticano, un micro-stato completamente indipendente situato a ridosso del fiume Tevere, a Roma. La Città del Vaticano è sede di tre istituzioni finanziarie: l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), che funziona da Banca Centrale del Vaticano, il Ministero dell’Economia e la suddetta Banca Vaticana (IOR). La Città Stato del Vaticano – con una popolazione di soli 800 abitanti e un territorio di 441.000 mq – è la nazione più piccola del mondo e forse tre istituti finanziari così importanti potrebbero sembrare non sembrare necessari, ma la Santa Sede è anche il governo temporaneo di un miliardo di Cattolici in tutto il mondo e in quanto tale ha esigenze e obiettivi che non possono essere soddisfatti mediante istituti bancari convenzionali.
La Banca Vaticana non è responsabile né verso la Banca Centrale del Vaticano né verso il Ministero dell’Economia; infatti funziona in modo indipendente con tre consigli d’amministrazione: uno costituito da cardinali di alto livello, un altro costituito da banchieri internazionali che collaborano con impiegati della Banca Vaticana e per ultimo un consiglio d’amministrazione che si occupa degli affari giornalieri. Tali strutture organizzative così chiuse sono la norma nella Santa Sede e sono utili per mascherare le operazioni della Banca.
Lo IOR funziona come banchiere privato della Chiesa, dal momento che si adatta perfettamente alle esigenze di una Banca diretta dal Papa. Nonostante sia di proprietà del Papa, la Banca, sin dal proprio inizio, è stata più volte coinvolta nei peggiori scandali, corruzione e intrighi. Sotto felice auspicio, l’apertura della banca nel 1941 per ordine di Pio XII, altresì chiamato il Papa di Hitler, ha fornito convenienti sbocchi bancari ai fascisti italiani, all’aristocrazia e alla mafia. (…)
La Banca Vaticana afferma di non aver nessun documento relativo al periodo della Seconda Guerra Mondiale; infatti secondo il procuratore della Banca Vaticana, Franzo Grande Stevens, lo IOR distrugge tutta la documentazione ogni dieci anni, un’affermazione alla quale nessun banchiere responsabile crederebbe. Ciononostante, altre documentazioni esistono in Germania e presso gli archivi americani, che dimostrano i trasferimenti nazisti di fondi allo IOR dalla Reichsbank, e altri dallo IOR alle banche svizzere controllate dai nazisti. Un famoso procuratore specializzato nelle restituzioni dell’Olocausto ha documentato i trasferimenti di denaro dai conti delle SS a una innominata banca romana nel settembre 1943, proprio quando gli Alleati si stavano avvicinando alla città. (…)
Dalla fine degli anni Settanta, lo IOR era divenuto uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali. Sotto la tutela del vescovo americano (uno spilungone di 191 cm) Paul Marcinkus, il vescovo Paolo Hnilica, Licio Gelli, Roberto Calvi e Michele Sindona, la Banca Vaticana divenne parte integrante dei numerosi programmi papali e mafiosi per il riciclaggio del denaro, in cui era difficile determinare dove finiva l’opera del Vaticano e dove cominciava quella della mafia. Il Banco Ambrosiano dei Calvi e numerose società fantasma dirette dallo IOR di Panama e del Lussemburgo presero il controllo degli affari bancari italiani e funsero da canale sotterraneo per il flusso di fondi verso l’Europa dell’Est, in appoggio all’Unione nazionale anticomunista. Marcinkus, capo dello IOR, fu Direttore del Banco Ambrosiano (a Nassau e alle Bahamas), ed esisteva una stretta relazione personale e bancaria fra Calvi e Marcinkus. Sfortunatamente, molti di quelli coinvolti non erano solo collegati alla mafia, ma erano anche membri della famigerata loggia massonica P2, con il risultato finale della spartizione del denaro di altre persone, inclusa una singola transazione di 95 milioni di dollari (documentata dalla Corte Suprema irlandese).
Non appena le macchinazioni vennero a galla a causa di un errore di calcolo attribuito a Calvi, le teste cominciarono letteralmente a rotolare. L’impero bancario Ambrosiano fu destabilizzato da uno scontro ai vertici del potere interno, che coinvolgeva la Banca Vaticana, la Mafia e il braccio finanziario dell’oscuro ordine cattolico dell’Opus Dei.
L’Opus Dei, in ogni caso, decise di non garantire per il Banco Ambrosiano e Calvi fu trovato «suicidato», impiccato sotto il ponte di Blackfriars a Londra, con alcuni sassi nascosti nelle tasche, una scena ricca di simbolismo massonico.
Aggiungo nei commenti articoli trovati in rete che completano le info:
1. Venerdì 1 febbraio 2013, sulla base delle prove fornite dalla nostra affiliata Corte di Giustizia Common Law (itccs.org), il nostro ufficio ha concluso un accordo con i rappresentanti di una non specificata nazione europea e dei suoi giudici, a garanzia di un mandato di arresto contro Joseph Ratzinger, alias Papa Benedetto XVI, per crimini contro l’umanità ed associazione a delinquere.
2. Questo mandato d’arresto sarà consegnato all’ufficio della Santa Sede di Roma il giorno venerdì 15 febbraio 2013. La suddetta nazione ha concesso il permesso di trattenere Ratzinger, come criminale sospettato, all’interno del territorio sovrano della Città del Vaticano.3. Lunedì 4 febbraio 2013, detta nazione ha consegnato una nota diplomatica nelle mani del Segretario di Stato Vaticano, Card. Tarcisio Bertone, informandolo dell’imminente mandato di arresto e invitando il suo ufficio a farlo rispettare. Né il card. Bertone né il suo ufficio hanno fornito alcun riscontro immediato a questa nota, tuttavia, solo sei giorni più tardi, papa Benedetto si è dimesso.4. L’accordo tra il nostro Tribunale e i tribunali della nazione in parola comprende, come seconda disposizione, quella di emettere un lien commerciale sopra le proprietà e le ricchezze della Chiesa Cattolica Romana con effetto a partire dalla domenica di Pasqua, 31 marzo 2013. Questo lien sarà accompagnato a livello globale dalla pubblica Campagna Pasquale di Rivendicazione (“Easter Reclamation Campaign”, n.d.t.), in base alla quale le proprietà della Chiesa Cattolica saranno occupate e rivendicate dai cittadini come beni pubblici ed incamerate ai sensi del Diritto Internazionale e dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.5. È decisione del nostro Tribunale e del governo della nazione in parola, quella di procedere all’arresto di Joseph Ratzinger e alla sua rimozione dall’incarico di Pontefice Romano, con l’accusa di crimini contro l’umanità e associazione a delinquere.6. È altresì nostra nuova decisione quella di procedere come previsto anche all’incriminazione e all’arresto del pontefice successore di Joseph Ratzinger, secondo le stesse accuse, e di imporre il lien commerciale e la Campagna Pasquale di Rivendicazione contro la Chiesa cattolica romana.Insomma, stando a quanto sostiene questa organizzazione a breve verranno esauditi i sogni di milioni di italiani. Non perché la Chiesa pagherà finalmente l’Imu, ma proprio perché gli verranno espropriati tutti i beni poi donati al pubblico utilizzo. Tanto per mettere le mani avanti è già stato giudicato colpevole persino il successore di Benedetto XVI, anche se naturalmente non si sa chi sarà. Ecco, ora sapete finalmente la verità sulle dimissioni del Santo Padre.
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QUI SONO RIPORTATE ALCUNE INFORMAZIONI CHE IL MAGGIORDOMO DI RATZINGER HA FORNITO AL GIORNALISTA LUZZI SUI RAPPORTI CON I CONTI DELLO IOR CON GLI UOMINI DELLA P2 E RICICLAGGIO DI DENARO SPORCO CON LA MAFIA E ALTRE SITUAZIONI.DA SCRUPOLOSI SONDAGGI: I NOMI DEI CONTI CIFRATI DELLO IORDOPO LA LETTURA DEL SEGUENTE COMUNICATO, è ANCORA PIU FACILE PERCEPIRE QUALI SONO E DOVE SONO LE DIMORE DELL’ANTICRISTO!
5 MILIARDI DI EURO NEI DEPOSITI DELLA BANCA DEL VATICANO: LO IOR.MIGLIAIA DI CONTI CORRENTI LEGITTIMI DI PRETI, SUORE, VESCOVI E CARDINALI.IL PAPA NON HA CONTO CORRENTE PERSONALE, MA È IL CAPO ASSOLUTO DELLA BANCA CHE HA UN SUO CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE.I CONTI CIFRATI (SENZA NOME) SONO CENTINAIA E APPARTENGONO A CITTADINI ITALIANI E STRANIERI ANONIMI CHE IL VATICANO SI RIFIUTA DI RIVELARE ALLE AUTORITÀ COMPETENTI ITALIANE. IN REALTÀ SI TRATTA DI EVASORI FISCALI, CRIMINALI MAFIOSI (PROVENZANO, RIINA ED ALTRI APPARTENENTI ALLE 4 ORGANIZZAZIONI CRIMINALI ITALIANE), TERRORISTI INTERNAZIONALI, MASSONI, POLITICI CORROTTI, BANCHIERI, INDUSTRIALI, FUNZIONARI DI STATO DI ALTISSIMO LIVELLO. ALTI VERTICI MILITARI, SERVIZI DI INTELLIGENCE ANCHE DI POTENZE STRANIERE.QUINDI IL COINVOLGIMENTO DI PERSONAGGI LEGATI AL VATICANO E CHE POSSIEDONO CONTI CORRENTI MILIARDARI IN EURO NELLO IOR SAREBBE DEVASTANTE PER IL SISTEMA MONDIALE POLITICO E FINANZIARIO DI ALCUNE SUPER POTENZE CHE FANNO PARTE DEL PONTE DI COMANDO DI COLORO CHE CONTROLLANO IL PIANETA TERRA. PER QUESTO MOTIVO E SOLO PER QUESTO IL PROF. GOTTI TEDESCHI EX PRESIDENTE DELLO IOR TEME DI ESSERE UCCISO QUALORA RIVELASSE IL SEGRETO DEI SEGRETI.LO IOR HA RICICLATO MILIARDI DI EURO APPARTENENTI A COSA NOSTRA IN QUESTI ANNI E UNA SENTENZA DI UNA CORTE GIUDIZIARIA ITALIANA LO HA CONFERMATO. (Tratto dalle pag. 3-4 della sentenza della prima Corte di Assise d’appello di Roma emessa il 7 maggio 2010 – Presidente Guido Catenacci / Consigliere estensore Piero De Crescenzo. Cosa nostra, nelle sue varie articolazioni, impiegava il Banco Ambrosiano e lo IOR come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo, rispetto alle acquisizioni di primo grado, consiste nella assunzione del dato per cui tali operazioni avvenivano quanto meno anche ad opera di Vito CIANCIMINO, oltre che di Giuseppe CALÒ).
POI C’è LA DENUNCIA DEL TRIBUNALE DELL’AIA DEL 2011 AI DANNI DEL VATICANO E REITZENGER PER CRIMINI CONTRO L’UMANITà..DENUNCIATI DA VARIE FAMIGLIE CHE HANNO SUBITO LA PERDITA DI 50000 VITTIME UCCISE E VIOLENTATE…E AGGIUNGIAMO QUELLO CHE è USCITO DA 3-4 GIORNI DELLA STESSA INCRIMINAZIONE E RIESUMAZIONE CADAVERI VITTIME PER IL PROCESSO………………………..AGGIUNGO CHE REITZENGER HA SEMPRE COMANDATO ANCHE QUANDO ERA CARDINALE E SOPRANNOMINATO CARDINALE PANZER